Hamas è sempre più impegnata sul fronte interno e su quello internazionale. Ieri il Times di Londra ha reso noto un rapporto secondo cui alcuni membri delle Brigate Ezzedin Al Qassam (braccio armato dell'organizzazione terroristica che governa dal 2007 la Striscia di Gaza, dopo il sanguinoso colpo di stato che ha esautorato dal potere gli amici-rivali di Al Fatah di Abu Mazen), alcune centinaia secondo un'altra fonte - sarebbero attivamente impegnate in Siria nell'addestramento del FSA, le forze paramilitari che si oppongono all'esercito regolare fedele ad Assad. Dunque non solo Hamas sostiene la causa dei ribelli, collaborando alla costruzione di tunnel che starebbero correndo sotto la stessa capitale siriana; ma ha un ruolo attivo in funzione di addestramento delle milizie che si oppongono al regime di Damasco.
E' una metamorfosi completa, quella che ha caratterizzato negli ultimi due anni l'organizzazione sunnita, costola palestinese dei Fratelli Musulmani. Espulsa dalla Giordania, Hamas ha trovato accoglienza in Siria, ma lo scoppio della guerra civile e l'uccisione di diverse migliaia di palestinesi ha costretto gli integralisti islamici ad abbandonare il quartier generale di Damasco, trovando riparo nel Qatar di Al Jazeera, sponsor e media partner della "primavera araba". Malgrado abbia voltato le spalle alla Siria, una parte di Hamas ancora oggi mantiene contatti con l'Iran, che finanzia tuttora e sostiene attivamente Assad.
Sul fronte interno il leader di Hamas, il fresco di corona Khaled Meshal, ha riconosciuto che la stessa primavera araba ha prosciugato le casse dell'organizzazione terroristica. Come suggerisce il blog Elder of Ziyon, il riferimento è appunto all'allontanamento dall'orbita siriana, che ha indispettito il protettore iraniano, il quale pertanto avrebbe deciso di chiudere i rubinetti finanziari.
Hamas da un lato apprezzerebbe la riappacificazione con i rivali palestinesi di Al Fatah, che accedono ai copiosi e disinteressati finanziamenti internazionali; dall'altro ha chiarito che ciò non implicherebbe il riconoscimento di Israele, la rinuncia alla lotta armata e l'accettazione dei trattati internazionali sottoscritti dai palestinesi. Il che metterebbe l'Occidente in una oggettiva posizione di imbarazzo. Ma ci sarà tempo per discutere di questo...
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