Senza mezzi termini o giri di parole, il portavoce della diplomazia USA, Heather Nauert, ha dichiarato che la "soluzione dei due stati per due popoli" non è l'obiettivo della corrente amministrazione della Casa Bianca. Frustrata e indisposta dalle menzogne seriali di Abu Mazen, dal continuo incoraggiamento del terrorismo palestinese, dall'impiego di ingenti fondi internazionali per sovvenzionare gli attentatori suicidi; la presidenza Trump ha compreso che il massimo obiettivo correntemente conseguibile, è un accordo di pace fra le parti (israeliani e palestinesi, NdR), che non necessariamente conduca ad un riconoscimento statuale.
Abu Mazen a Washington ha fatto una pessima impressione, non fornendo mai la sensazione che fosse vagamente disposto a mettere da parte l'incitamento alla violenza. Nella capitale americana hanno realizzato che l'obiettivo dei "due stati" non è condiviso nemmeno da Ramallah, che nei fatti, nelle dichiarazioni e persino nei documenti ufficiali, persegue un solo obiettivo: uno stato unico, palestinese, a danno dell'esistente stato ebraico, di cui persino si disconosce l'esistenza e la legittimità. Ha colpito gli osservatori la sconsolata affermazione della Nauert, secondo cui il perseguimento della soluzione dei "due stati", «dopo diversi decenni, è fallito».
E ancora: «non spetta a noi stabilire quale debba essere il punto di arrivo. La soluzione deve essere efficace per ambo le parti. Come sapete bene, da diversi decenni si cerca invano di conseguire un buon accordo e una soluzione sostenibile per entrambi i contendenti. A cui ora lasciamo la parola».
Nei giorni passati Abu Mazen era apparso irrequieto, al punto da domandare a Washington una dichiarazione formale che riportasse l'impegno della Casa Bianca circa la controversia fra arabi e israeliani. La risposta è stata recapitata a stretto giro, ma probabilmente non è quella attesa.
La soluzione tanto adorata dai salotti liberal ha subito ieri un duro colpo. All'ideologia, l'amministrazione americana contrappone un pragmatismo magari rude, ma realista: non ci sono le condizioni affinché sia possibile il dialogo con una controparte, come quella palestinese, che ha fatto della violenza, del ricatto e dell'incitamento all'odio fin dai banchi delle scuole; la propria ragione di vita. Lontani sono i tempi in cui la presidenza americana, sprezzante della piena sovranità israeliana, arrivava ad imporre a Gerusalemme un'agenda con i propri desiderata; e quando il primo ministro israeliano non si piegava ai voleri del presidente USA; pazienza, si coglieva la prima occasione utile - nuove elezioni politiche - per favorire sfacciatamente il candidato di propria preferenza.
Questo bagno di realismo probabilmente servirà ad avvicinare la pace fra israeliani e palestinesi, ora che l'incrostazione di ipocrisia e di insulsaggine è stata provvidenzialmente rimossa.
Heather Nauert si è anche soffermata sulla richiesta, avanzata originariamente a Ginevra, di pubblicare l'elenco delle società americane che intrattengono relazioni commerciali con aziende israeliane operanti nel West Bank («queste risoluzioni sono controproducenti, e non fanno nulla per far progredire il processo di pace fra israeliani e palestinesi»).
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