domenica 19 settembre 2010

Al Sud lo chiamano clientelismo. Al Nord... federalismo



“Carrocciopoli” a Brescia: concorso alla Provincia, tra gli 8 vincitori 5 leghiste

Soprattutto dispiace constatare che nella ricca provincia lombarda i figli di papà si accontentino ora di un posto pubblico... chi si impegnerà adesso nel difficile ruolo di cumenda?

sabato 18 settembre 2010

La Svezia va alle urne. Gli immigrati la osservano.






Domani si vota in Svezia per il parlamento nazionale.
In questi giorni sta girando sulle televisioni un efficacissimo spot (visibile su YouTube) dei "democratici svedesi", che fa rabbrividire i benpensanti, e spingerà fra poche ore i giornali politicamente corretti ad annunciare la vittoria della "destra xenofoba, razzista e antiislamica" (uffa).



La vecchia sta andando a ritirare la pensione, ma è superata da mamme con burka e niqab, e con passeggino al seguito, che sfruttano lo stato sociale svedese sempre più dissanguato, con il denaro pubblico che si prosciuga. E l'anziana signor...a svedese rimane a bocca asciutta.
Dopo l'Austria, l'Olanda, il Belgio, la Danimarca, il Regno Unito, la Francia; anche la Svezia ha le palle piene (oops) di questa situazione...

Il problema, però, è disperatamente reale.

Mi vien da vomitare



Soltanto in un paese come l'Italia, e perdipiù a Roma, si può intitolare una targa commemorativa, ad uno dei terroristi assassini più spietati, corrotti e nemici della causa palestinese come Arafat.

Anche i più filo-palestinesi ammettono che nel 2000 sotto la presidenza Clinton si poteva raggiungere la pace fra palestinesi ed Israele, dopo le tante sofferte "concessioni" unilaterali (ormai se n'é perso il conto, ma il mondo vuole concessioni sempre e soltanto da un lato...), ma Arafat con uno dei suoi noti gesti spettacolari si alzò dal tavolo e lasciò tutti di stucco, dando il via alla seconda intifada.
Meglio affamare il popolo, prostrarlo e umiliarlo: è più facilmente governabile.
Ma in Italia non si può mettere in ombra la figura di Arafat: come la Moana Pozzi di un tempo, è la più amata dagli italiani.

P.S.: Lo "stato" di Palestina, richiamato nella targa, non esiste.
Bisognerebbe chiedere alla malanima di Arafat il perché...

venerdì 10 settembre 2010

Religione e ricchezza

Chi l'avrebbe mai detto?... fra religione e ricchezza c'è un nesso; ed è anche forte.
Qualche giorno fa il New York Times ha pubblicato uno studio realizzato da Gallup, che mette a confronto su un grafico due valori (è il caso di dirlo): il reddito pro-capite per i principali paesi al mondo, e l'importanza della religione nella vita quotidiana di ogni abitante di questi paesi:



Ne risulta che più è elevato il posizionamento dell'importanza della religione (scala delle ordinate, o delle "y"; scala verticale, insomma), e più è basso il reddito pro-capite: India, Algeria, Brasile sono paesi dove la religione è molto sentita, ma gli abitanti sono mediamente poveri.
Viceversa, meno importante è il ruolo della religione nella vita di tutti i giorni, e più elevato è il reddito pro-capite: Hong Kong, Danimarca, Svezia, ecc.

In posizione curiosamente intermedia, distanti da una immaginaria linea inclinata negativamente (dall'estremo superiore sinistra a quello inferiore destro) gli Stati Uniti, dove i 2/3 della popolazione dichiara di ritenere importante la religione, e ciononostante vanta un reddito pro-capite piuttosto elevato (mediamente parlando).

Resta da stabilire se la correlazione implica dipendenza: appurata la presenza di un nesso, c'è da capire se la ricchezza dipende dalla religione, o se la religione dipende dalla ricchezza, o se la relazione non è causale ma soltanto casuale...

mercoledì 8 settembre 2010



Obama ha proposto un piano di investimenti in infrastrutture in strade, ferrovie e ponti per 50 miliardi di dollari.
Questo, assieme ad un credito d'imposta per gli investimenti aziendali per 300 miliardi, sempre di dollari, dovrebbe finalmente aiutare l'economia ad uscire dalle secche.
Il tasso di disoccupazione ufficiale non si allontana infatti dal 10%. Quello complessivo, che tiene conto dei lavoratori loro malgrado a tempo parziale e di chi non cerca più lavoro, sfiora il 17%.

Che dire però dei 4000 miliardi di tasse in più, che gli americani saranno chiamati a pagare a partire dal prossimo 1° gennaio?
Per non parlare dell'ulteriore aumento di imposte che si renderà necessario per finanziare l'ipertrofica riforma del sistema sanitario?

Mala tempora currunt.