Da anni un tema ricorrente sulla stampa, consiste nel dipingere come un "ostacolo alla pace" l'attività edilizia israeliana presso le comunità ebraiche in Giudea e Samaria e nei quartieri periferici di Gerusalemme. Di recente il corrispondente della BBC per il Medio Oriente Jeremy Bowen ha commentato che «l'idea della soluzione dei due stati è in grave pericolo [...] a causa della colonizzazione dei territori occupati da parte degli israeliani; con gli insediamenti che crescono a ritmo forsennato».
Inoltre: «molti in questi giorni ritengono che a causa della crescita degli insediamenti- quelli israeliani sui territori occupati; illegalmente, secondo il diritto internazionale - sarà materialmente molto difficile per i palestinesi pervenire ad uno stato indipendente».
Chi legge è indotto a ritenere che ci sia stata di recente un'impennata dell'attività edilizia in Giudea e Samaria, e a concludere che mai negoziati di pace potranno essere condotti, fino a quando gli israeliani continueranno a costruire abitazioni in un luogo ove secondo la BBC ciò non sarebbe consentito. Il problema di queste posizioni ideologizzate è che celano una serie di fatti rilevanti, e decisivi per la formazione dell'opinione pubblica.
Il sito dell'Ufficio Centrale di Statistica (israeliano: Central Bureau of Statistics, NdT) evidenzia come per i palestinesi sarebbe stato pienamente possibile in questi anni condurre negoziati di pace, anche se nel frattempo gli israeliani realizzano nuovi alloggi. Nel 1991, quando fu tenuta la Conferenza di Pace di Madrid, furono completati 2140 progetti edilizi in Giudea e in Samaria; l'anno successivo, 6870 unità immobiliari furono ultimate. Nel 1993, ai tempi degli Accordi di Oslo, furono finiti 4440 progetti edilizi, e 2120 l'anno successivo.
Gli Accordi di Oslo, sottoscritti liberamente da rappresentanti del popolo palestinese, non hanno previsti alcun vincolo o restrizione alla costruzione di alloggi per la popolazione israeliana nell'area C, e il destino di questi territori è esplicitamente rimandato ad accordi finali da raggiungersi fra le parti. Quando Gerusalemme e l'OLP sottoscrissero gli accordi del 1995 (Oslo II), ben 1625 progetti edilizi furono completati in Giudea e Samaria; 2154 l'anno successivo e 2443 nel 1997.
Quando fu negoziato il Memorandum di Wye River, nel 1998, i cantieri edili furono 2068; 3995, l'anno successivo. Quando nel 2000 si tennero i negoziati di Camp David, le costruzioni completate in Giudea e Samaria furono 3769. Nel 2007-2008, quando il governo Olmert propose un piano di pace straordinariamente vantaggioso per i palestinesi, le costruzioni completate furono rispettivamente 1748 e 1601.
Sicché: dov'é questa sensibile crescita dell'attività edilizia, negli ultimi lustri? Le statistiche degli ultimi anni sono ancora più rivelatrici: 2011, 1,682; 2012, 1,269; 2013, 1,351; 2014, 1,077; 2015, 1,273 (fonti una e due). Una visione complessiva dal 1990 allo scorso anno rivela come, al contrario di quanto dichiarato dal corrispondente dal Medio Oriente della BBC, le costruzioni di case israeliane in Giudea e Samaria siano state sensibilmente inferiori rispetto a quanto registrato fino a 26 anni fa.
Senza considerare che, negli anni recenti, il grosso delle costruzioni sia avvenuti in città come Modi’in Ilit, Beitar Ilit e Ma’ale Adumim, le quali realisticamente in ogni caso resteranno sotto il controllo israeliano (i piani di pace di Clinton e di Olmert lo prevedono, fra gli altri). Ci si aspetterebbe che il corrispondente dal Medio Oriente si sia preso preventivamente la briga di documentarsi, prima di sostenere che mancati accordi di pace siano una qualche responsabilità degli israeliani.
I resoconti della BBC mancano di evidenziare che nei primi nove mesi di un congelamento concordato di dieci mesi dell'attività edilizia nel 2009/2010, i palestinesi si rifiutarono di sedersi al tavolo dei negoziati. Ne' che l'abbandono degli insediamenti a Gaza nel 2005 non ha consentito di compiere alcun passo verso la soluzione dei due stati, e certamente non ha portato con se' la pace.
La manipolazione dei fatti da parte degli organi di informazione è in questo caso palese. Eppure non dovrebbe essere compito della BBC o in generale della stampa, quello di prendere posizione a favore di questa o quella parte. Il pubblico vuole essere informato con imparzialità e oggettività, ottenendo tutte le informazioni necessarie per farsi un'opinione compiuta. Nel caso dell'informazione relativa ad Israele, raramente è questo il caso.
Fonte: Examining the BBC’s claim that Israeli building endangers the two state solution.
Su BBCWatch.
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