I palestinesi stanno cercando di aderire alle Nazioni Unite, sebbene non vantino un governo operativo, e difatti sono divisi in due entità, con Hamas che controlla Gaza e Al Fatah che governa il West Bank. Allo stesso tempo i palestinesi cercano di aderire alla Corte Penale Internazionale, allo scopo di perseguire Israele. Ciò, secondo gli auspici, consentirebbe agli arabi antisionisti e all'Europa di indebolire la posizione dello stato ebraico, conducendo alla sua scomparsa.
Israele arriva ad essere accusato di crimini di guerra, ma provarlo è cosa ben diversa. I militari credono di non meritare questo trattamento, dopo aver rischiato la vita per difendere la popolazione civile dagli attacchi provenienti da Gaza; specie tenuto conto di come i palestinesi glorifichino i terroristi: inclusi quelli che sfruttano e alfine uccidono i bambini. Gli israeliani seguono delle precise regole d'ingaggio; i palestinesi no.
sabato 24 gennaio 2015
venerdì 23 gennaio 2015
In Israele hanno già inventato l'auto che va ad acqua
Phinergy è una start-up israeliana attiva dal 2008 nello sviluppo di tecnologie energetiche sostenibili a zero emissioni ed elevatissime performance, basate su speciali batterie in metallo (alluminio e zinco) e aria. La batterie utilizzate assorbono aria dall'ambiente per liberare l'energia contenuta nei metalli: un concetto fantascientifico e incredibile, che però ha superato i test di laboratorio e ora le prove su strada.
Nel video le batterie montate su un auto producono energia basandosi sull'interazione fra alluminio, aria dell'ambiente e acqua: l'auto, così alimentata, è riuscita a percorrere oltre 300 chilometri a consistente velocità; senza emissione alcuna di sostanze tossiche, e con l'utilizzo di materiali interamente riciclabili e non dannosi per l'ambiente.
La tecnologia sviluppata può essere applicata a svariati campo: mobilità, immagazzinamento di energia, difesa ed elettronica di consumo. Fa sfuggire un sorriso di compatimento, ma di fatto tutto ciò che richiede questa tecnologia... è fare il pieno di acqua prima di partire.
Nel video le batterie montate su un auto producono energia basandosi sull'interazione fra alluminio, aria dell'ambiente e acqua: l'auto, così alimentata, è riuscita a percorrere oltre 300 chilometri a consistente velocità; senza emissione alcuna di sostanze tossiche, e con l'utilizzo di materiali interamente riciclabili e non dannosi per l'ambiente.
La tecnologia sviluppata può essere applicata a svariati campo: mobilità, immagazzinamento di energia, difesa ed elettronica di consumo. Fa sfuggire un sorriso di compatimento, ma di fatto tutto ciò che richiede questa tecnologia... è fare il pieno di acqua prima di partire.
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giovedì 22 gennaio 2015
Quando la stampa si volta dall'altra parte...
Hasan al-Sari è un ragazzo palestinese di 16 anni. Era, un ragazzo palestinese. Perché è morto: mentre era intento a scavare un tunnel per conto di Hamas, presumibilmente prima di essere travolto dal collasso della galleria improvvisata. Il giovane in passato si è fatto notare per la detenzione e l'ostentazione di armi, sicché era un terrorista a tutti gli effetti. Fosse rimasto vittima di combattimenti con Israele, sarebbe stato rubricato senz'altro come «civile vittima dei sionisti». Ma così non è stato: l'incarico assegnatogli avrebbe contribuito a preparare Hamas per il prossimo inevitabile conflitto con lo stato ebraico, ma per sua sfortuna il destino ha deciso diversamente. Poiché non si trova il modo per attribuire colpe a Gerusalemme, nessun mezzo di informazione ne parla (H/t: Israellycool).
Spostiamoci di qualche qualche centinaio di chilometri. L'Osservatorio Siriano per i Diritti Umani ha documentato ieri oltre duecento attacchi aerei da parte del regime di Damasco sulle città di Reef Dimashq, Aleppo, Quneitra, Der-Ezzor, Idlib e Dar’a. Si denunciano 80 morti, e più di 300 feriti. Una strage di innocenti: l'ennesima, in quasi quattro anni di combattimenti che hanno prodotto fra 130 e 280 mila vittime, a seconda delle fonti. Ancora una volta, non potendo in alcun modo denuciare Israele, la stampa internazionale tace.
Sarebbe troppo chiedere una copertura imparziale e senza omissioni dei fatti che succedono in Medio Oriente?
Spostiamoci di qualche qualche centinaio di chilometri. L'Osservatorio Siriano per i Diritti Umani ha documentato ieri oltre duecento attacchi aerei da parte del regime di Damasco sulle città di Reef Dimashq, Aleppo, Quneitra, Der-Ezzor, Idlib e Dar’a. Si denunciano 80 morti, e più di 300 feriti. Una strage di innocenti: l'ennesima, in quasi quattro anni di combattimenti che hanno prodotto fra 130 e 280 mila vittime, a seconda delle fonti. Ancora una volta, non potendo in alcun modo denuciare Israele, la stampa internazionale tace.
Sarebbe troppo chiedere una copertura imparziale e senza omissioni dei fatti che succedono in Medio Oriente?
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domenica 28 dicembre 2014
Il conflitto israelo-palestinese, in poche parole
Un'associazione israeliana ha organizzato una visita in Israele e nel West Bank per 37 bambini palestinesi che hanno perso un genitore questa estate durante la Guerra di Gaza. I bambini, i cui padri erano perlopiù appartenenti all'organizzazione terroristica Hamas, caduti nel tentativo di uccidere gli israeliani, avrebbero dovuto incontrarsi con coetanei israeliani in comunità residenti nei pressi del confine con la Striscia di Gaza, avrebbero dovuto visitare uno zoo, e per essi era prevista un'audizione a Ramallah al cospetto del presidente dell'Autorità Palestinese. Il governo di Gerusalemme aveva rilasciato i permessi di ingresso per i bambini e per cinque accompagnatori adulti, e la visita era stata coordinata con le autorità israeliane.
Stamattina, mentre le associazioni israeliane attendevano i bambini con regali e dolcetti, il gruppo è stato bloccato poco prima della frontiera da Hamas, che ha sostenuto di aver disposto la revoca del viaggio perché esporrebbe i bambini a "normalizzazione"; un modo per definire il mutuo riconoscimento e la comprensione fra israeliani e palestinesi.
«Questi bambini un giorno potrebbero governare Gaza. A quel punto avrebbero ricordato questo viaggio e compreso che potremmo vivere in pace, fianco al fianco», ho sospirato uno degli organizzatori. «Questo viaggio avrebbe potuto rappresentare un enorme abbraccio per essi».
L'odiosa crudeltà di Hamas - che non risparmia i bambini orfani dei padri ad essi affiliati - è sconcertante, ma non sorprendente. La differenza fra noi ed essi non potrebbe essere più lampante.
Dalla pagina Facebook di Avi Mayer.
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sabato 27 dicembre 2014
Vendere case ad ebrei è punibile con la morte
In un recente articolo, Reuters ha documentato l'esistenza di un cospicuo numero di arabi israeliani, che vivono nei quartieri a maggioranza ebraica di Gerusalemme. Ovviamente, non è proprio così che si è espressa l'agenzia di stampa a proposito della località di residenza: Reuters parla di «insediamenti ebraici nelle terre occupate di Gerusalemme Est». L'articolo si sofferma anche sul fatto che di recente alcuni arabi abbiano abbandonato questi luoghi per «l'escalation di violenze», come se i recenti attachi terroristici siano stati condotti a Gerusalemme contro arabi anziché contro gli ebrei.
Ma parte più cialtronesca dell'articolo si rileva quando si descrive il caso di un proprietario ebreo, che si è rifiutato di vendere il proprio terreno ad un arabo; il quale in seguito è riuscito ad entrarne in possesso servendosi di un intermediario ebreo. Quello che l'articolo non menziona è che, secondo il diritto vigente nell'Autorità Palestinese, gli arabi che vendono terre agli ebrei commettono un reato punibile con i lavori forzati se non con la morte. Riporta il Times of Israel:
Ma parte più cialtronesca dell'articolo si rileva quando si descrive il caso di un proprietario ebreo, che si è rifiutato di vendere il proprio terreno ad un arabo; il quale in seguito è riuscito ad entrarne in possesso servendosi di un intermediario ebreo. Quello che l'articolo non menziona è che, secondo il diritto vigente nell'Autorità Palestinese, gli arabi che vendono terre agli ebrei commettono un reato punibile con i lavori forzati se non con la morte. Riporta il Times of Israel:
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giovedì 18 dicembre 2014
Israele deve prendere l'iniziativa alle Nazioni Unite
di Emmanuel Navon*
A quanto pare l'Organizzazione per la liberazione della palestina (OLP) intende proporre una bozza di risoluzione al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (UNSC), finalizzato ad imporre un pieno e incondizionato ritiro israeliano, dietro le linee armistiziali che hanno separato lo stato ebraico dalla Giordania fra il 1949 e il 1967. Ma anziché fare pressioni sugli Stati Uniti affinché oppongano il veto, e piuttosto che convincere la Francia a proporre una bozza di risoluzione apparentemente più benigna; Israele dovrebbe sottoporre la propria, di risoluzione, all'UNSC.
Una risoluzione da parte di Gerusalemme chiederebbe la rinuncia definitiva da parte dei palestinesi al cosiddetto "diritto al ritorno", e l'impegno da parte dell'ONU a smantellare la United Nations Relief and Works Agency (UNRWA) entro due anni. In questo modo, i membri del Consiglio di Sicurezza dovrebbero esprimersi su due risoluzioni: una, proveniente dall'OLP, che chiede il ritiro incondizionato di Israele; e l'altra, supportata da Israele, che impone la cessazione del cinico perpetrarsi dell'annosa questione dei rifugiati palestinesi. I membri dell'UNSC che supportano la "soluzione dei due stati" dovrebbero chiarire perché intendono proporre un elemento di questa soluzione (la cessazione del controllo parziale di Israele su alcuni territori del West Bank); e non un altro: vale a dire l'assurda pretesa secondo cui sei milioni di persone dovrebbero da un giorno all'altro diventare cittadini israeliani, il che presto risulterebbe incompatibile con la sopravvivenza del secondo stato.
Il rifiuto dell'OLP di accantonare tutte le rivendicazioni - inclusa quella secondo cui tutti i discendenti all'infinito di chi nel 1948 abbandonò Israele, dovrebbero vantare un diritto ad insediarsi nello stato ebraico - è il motivo per cui Yasser Arafat respinse a fine 2000 la proposta di pace avanzata da Clinton, che assicurava allo stato palestinese il 96% del West Bank; e per cui Mahmoud Abbas fece altrettanto a settembre 2008 nei confronti della proposta del PM Olmert, che prevedeva per lo stato palestinese il 99% del West Bank, mediante scambi territoriali. Abbas (noto anche col nome di battaglia di Abu Mazen, NdT) chiarì che non aveva alcuna intenzione di tornare alla sua città natale, ma avrebbe pur potuto cambiare idea; senza però fare altrettanto a proposito dei sei milioni di "rifugiati" palestinesi. Appena un paio di mesi fa, in un'intervista ad un quotidiano egiziano, ha precisato: «non sbatteremo la porta in faccia a chi desidera ritornare».
mercoledì 17 dicembre 2014
L'ipocrisia occidentale si abbatte sui bambini
Il massacro di ieri a Peshawar, in Pakistan, dove almeno 126 bambini hanno perso la vita, trucidati da estremisti islamici talebani che li hanno cercati aula per aula, per spezzare il sogno di una vita dignitosa attraverso lo studio; è l'ultimo crimine all'infanzia da parte dell'Islam "radicale"; 'che se esiste un Islam moderato, che si sta mobilitando e scorrendo impetuoso per le strade per dichiarare il proprio sdegno e la propria condanna e dissociazione, è pregato di farsi notare meglio. Drammatiche le testimonianze riportate: «Venivano a cercarci nelle classi». I terroristi, di numero imprecisato ma compreso fra sei e nove "uomini", intendeva così vendicare (sic!) l'assegnazione del premio Nobel per la Pace alla pakistana Malala Yousafzai, rea anch'essa di aver rifiutato l'intransigenza talebana, e la cui frequentazione delle scuole fu punita con un colpo di proiettile alla testa.
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