venerdì 6 febbraio 2015
L'Occidente nei confronti dei palestinesi adotta una strategia sciaguratamente sbagliata
Il caso che deflagra nuovamente oggi non è nuovo per i nostri quattro lettori. Ce ne siamo occupati giusto quattro mesi fa: in violazione degli accordi interinali che seguirono la sottoscrizione del Trattato di Oslo del 1993, l'Autorità Palestinese sta costruendo illegalmente nell'area C del West Bank; quella sotto il pieno e legittimo controllo israeliano, sulla base delle intese sottoscritte all'epoca dall'OLP. Aspetto forse ancor più grave, l'attività edilizia beneficia del patrocinio addirittura dell'Unione Europea, che impiega un giorno sì e l'altro pure a puntare il dito contro presunte irregolarità israeliane nei territori contesi.
Siamo a febbraio e l'illecito non è stato sanato; al contrario: come riporta oggi il Jerusalem Post, centinaia di strutture abitative sono state costruite non lontano da Gerusalemme, fra Ma’aleh Adumim e la zona E1. Il governo israeliano è al corrente di questa attività, ma nicchia nel denunciare l'abuso, nel tentativo di non inasprire i già tesi rapporti con Bruxelles.
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giovedì 5 febbraio 2015
Nessuno solidarizza con i giornalisti palestinesi?
Fa piacere scorgere su Rai News, nelle trasmissioni notturne di Rai Tre e sulle onde radio di Mamma Rai, la presenza di giornalisti che si presentano per "palestinesi". Ieri mattina a "Tutta la città ne parla" è intervenuto Samir al Qariouty, opinionista per la BBC e Al Jazeera, ma soprattutto: giornalista palestinese. Sorvoliamo sulle tesi fantasiose proposte - la sanguinosa guerra civile in Siria, le esecuzioni sommarie in Iran, le lapidazioni in Arabia Saudita, le impiccagioni degli omosessuali a Gaza, le decapitazioni dello Stato Islamico, la crocifissione dei cristiani nel mondo arabo: tutto sono spiegati dalla contesa dei territori ad est del Giordano fra Israele e palestinesi - e soffermiamoci sulla capacità di questo giornalista di manifestare liberamente le proprie opinioni.
Sì, perché tale prerogativa è preclusa ai suoi colleghi che limitano la propria attività professionale nei territori palestinesi amministrati da Hamas e dall'ANP. Secondo una fonte non tacciabile di parzialità come Al Monitor, l'80% dei giornalisti palestinesi subisce intimidazioni e censure dal regime, e non è libero di esprimersi al pubblico. Il risultato di questa costante e costante opera di condizionamento è l'autocensura, l'omissione della denuncia, e la rappresentazione idilliaca di una realtà altrimenti tragica.
Sì, perché tale prerogativa è preclusa ai suoi colleghi che limitano la propria attività professionale nei territori palestinesi amministrati da Hamas e dall'ANP. Secondo una fonte non tacciabile di parzialità come Al Monitor, l'80% dei giornalisti palestinesi subisce intimidazioni e censure dal regime, e non è libero di esprimersi al pubblico. Il risultato di questa costante e costante opera di condizionamento è l'autocensura, l'omissione della denuncia, e la rappresentazione idilliaca di una realtà altrimenti tragica.
martedì 3 febbraio 2015
A.A.A.: Cercasi comparse per prossimo film di Pallywood
L'inverno si sta rivelando particolarmente rigido a Gaza, quest'anno. Al solito, se Hamas, che governa la Striscia dal 2007, si fosse preoccupata di impiegare i miliardi di dollari piovuti da tutto il mondo per costruire case e infrastrutture, anziché rampe di lancio e tunnel del terrore; a quest'ora nessuno avrebbe sofferto il freddo e la fame nell'enclave palestinese. Ma il tempo delle recriminazioni è passato: con i 5 miliardi di dollari in arrivo per la ricostruzione a Gaza le condizioni di vita miglioreranno. O forse no.
Sta di fatto che Chris Gunness, il portavoce dell'UNRWA - l'agenzia ONU specializzata nel (non) risolvere la questione dei rifugiati palestinesi - che sul sul profilo Twitter riporta subdolamente la gigantografia della desolazione del campo profughi di Yarmouk, in Siria, spacciandolo implicitamente per oggetto di responsabilità israeliane; è all'opera per produrre una nuova spettacolare bufala made in Hollywood.
Sta di fatto che Chris Gunness, il portavoce dell'UNRWA - l'agenzia ONU specializzata nel (non) risolvere la questione dei rifugiati palestinesi - che sul sul profilo Twitter riporta subdolamente la gigantografia della desolazione del campo profughi di Yarmouk, in Siria, spacciandolo implicitamente per oggetto di responsabilità israeliane; è all'opera per produrre una nuova spettacolare bufala made in Hollywood.
domenica 1 febbraio 2015
Ecco come i terroristi islamici entrano in Italia
di Mike Giglio*
Antakya, Turchia. Alla fine dello scorso anno un esponente dello Stato Islamico ha attraversato il confine siriano, si è installato in una città portuale della Turchia, e lì ha avviato una missione di infiltrazione di jihadisti in Europa. Dice che sta riuscendo nell'impresa, nel corso di un'intervista nei pressi del confine fra Siria e Turchia.
L'esponente, un siriano barbuto sulla trentina, afferma che l'ISIS sta inviando combattenti sotto copertura in Europa. Li fa entrare illegalmente dalla Turchia a gruppetti, nascosti in navi da carico fra centinaia di rifugiati. Afferma che i combattenti intendono porre in pratica le minacce dell'ISIS di attaccare l'Occidente, in rappresaglia per gli attacchi subiti da parte degli Stati Uniti a partire dalla scorsa estate in Iraq, e dall'autunno i Siria: «se qualcuno mi attacca», dichiara a BuzzFeed News in condizioni di anonimato, «può star certo che risponderò all'attacco».
Ancor prima dei bombardamenti aerei i governi occidentali temevano che l'ISIS avrebbe trovato il modo per inflitrare i propri jihadisti attraversi i confini comunitari. L'esponente dell'ISIS intervistato è il primo che discute apertamente con la stampa di questo proposito. Descrive il piano che sfrutta la peggiore crisi umanitaria degli ultimi decenni, che ha disperso 3.8 milioni di profughi in fuga dalla guerra civile in Siria; dei quali, un milione e mezzo hanno trovato ospitalità nella sola Turchia.
Dalle città portuali di Turchia, come Izmir e Mersin, molte migliaia di questi rifugiati si sono imbarcati, in special modo verso l'Italia. Da lì' si dirigono verso stati più ospitali, come Svezia e Germania, rivolgendosi alle autorità locali per ottenere asilo politico: «i terroristi entrano in Europa come rifugiati», abbozza l'esponente dell'ISIS.
giovedì 29 gennaio 2015
Gaza: la prossima guerra passa dagli abusi su minori
Sono 20 in totale le risoluzioni di condanna di Israele adottate dall'assemblea generale dell'ONU (UNGA) nel corso della sessione 2014-2015; e soltanto 3, le risoluzioni adottate nei confronti di tutti gli altri stati al mondo: Siria, dove la guerra civile degli ultimi quattro anni ha mietuti circa 250.000 vittime, Corea del Nord e Iran. Risoluzioni peraltro sempre sussurrate e balbettanti. Non una singola parola di condanna è stata espressa per gli abusi sistematicamente commessi in Cina, a Cuba, in Egitto, nel Pakistan, in Russia, nell'Arabia Saudita, nel Sudan, nello Yemen e in diecine di stati dove i diritti umani sono calpestati, dove le minoranze sono ostracizzate, dove le donne sono emarginate, dove i gay sono malmenati, dove gli oppositori sono incarcerati, dove i giornalisti sono intimiditi, dove i bambini sono sfruttati e educati all'odio e alla guerra.
martedì 27 gennaio 2015
Israele quinto al mondo per innovazione
Secondo l'annuale classifica stilata da Bloomberg, Israele si piazza al quinto posto nel ranking dell'innovazione mondiale. Il piccolo stato ebraico supera gli Stati Uniti (sesti). Ventiquattresima l'Italia. Sei i parametri presi in esame: spesa in ricerca e sviluppo, in percentuale del PIL; valore aggiunto generato dal settore manifatturiero per abitante; densità di aziende high tech; percentuale di laureati e post-laureati; personale impiegato in attività di ricerca; numero brevetti, per milione di abitanti.
Dei quasi duecento stati al mondo, sono stati considerati poco più di un terzo, in virtù della compresenza di tutti i parametri descritti. La classifica mostra le prime cinquanta posizioni.
Israele risulta secondo in ricerca&sviluppo, 11° per presenza di aziende high-tech e quarto per livello di istruzione e per il personale impiegato in attività di ricerca.
Dei quasi duecento stati al mondo, sono stati considerati poco più di un terzo, in virtù della compresenza di tutti i parametri descritti. La classifica mostra le prime cinquanta posizioni.
Israele risulta secondo in ricerca&sviluppo, 11° per presenza di aziende high-tech e quarto per livello di istruzione e per il personale impiegato in attività di ricerca.
lunedì 26 gennaio 2015
Gaza e il boicottaggio che non c'è
Ha fatto sorridere in molti la grottesca esternazione di Imad al-Baz, di professione funzionario del ministero dell'Economia di Gaza, che domenica ha annunciato trionfante la rimozione del bando alle merci che entrano nell'enclave palestinese dal vicino Israele. Il povero (si fa per dire) al-Baz è l'unico a non sapere che nella Striscia di Gaza, dal valico "sionista" di Kerem Shalom, entrano quasi tutti i giorni bevande analcoliche, snack dolci e salati, gelati, caffé e cioccolato, abiti e altri generi di prima e seconda necessità: da almeno cinque anni. Chissà quante patatine in sacchetto avranno ingurgitato i suoi figli, promessi alla guerra di stermino promossa da Hamas.
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