Il presidente Obama ha completato una traiettoria tanto rocambolesca quanto sciagurata: lontani dai proclami tipo "Noi non trattiamo con i terroristi", gli Stati Uniti prima hanno stretto accordi con i talebani, che custodivano gelosamente una personcina mite e pacifica come Osama Bin Laden; poi hanno benedetto il governo palestinese al cui interno siedono i terroristi di Hamas; e ora stringono rapporti con Hezbollah, la formazione terroristica sciita che di fatto comanda in Libano. Nel durante, hanno trovato il modo di imprecare contro la defenestrazione dei fratelli musulmani in Egitto, di annullare l'ordine di evacuazione del regime sanguinario di Assad in Siria, e di benedire la corsa al Nucleare in Iran.
La visita di Kerry a Beirut - la prima, in cinque anni - ha cementato il nuovo corso, che possiamo sintetizzare in "Noi trattiamo solo con i terroristi". Il segretario di Stato americano si è affrettato a precisare che il governo USA monitorerà ogni giorno l'operato del nuovo governo palestinese onde assicurarsi che "non oltrepassi la linea": un'affermazione che ha probabilmente suscitato l'ilarità di presenti e assenti; memori della famosa "linea rossa" da tempo varcata dal sanguinario Assad in Siria.
Questa nuova linea sembra applicarsi anche nei confronti del governo
libanese, in cui siede Hezbollah: organizzazione sciita giudicata
terroristica dagli Stati Uniti. E per confermare il cambio di strategia,
Kerry ha consegnato nelle mani del governo un assegno da 500 milioni di
dollari, da impiegare per il mantenimento dei profughi siriani fuggiti
nel paese dei Cedri. Ancora una volta, i presenti si sono scambiati uno
sguardo di complice ilarità: tutti sanno che Hezbollah affianca il
regime di Damasco, e si è reso complice di efferate uccisioni della
popolazione civile siriana. E tutti sono consapevoli della destinazione
di quel denaro.
Per non incorrere in brutte figure, Kerry non ha definito le linee da
non varcare; ma ha esplicitamente citato la formazione terroristica
sciita come partner con cui dialogare per tentare di porre fine alle
ostilità in Siria. Sin troppo facile prevedere che questa apertura di
credito agirà tanto da legittimazione, quanto da incoraggiamento a
proseguire il massacro.
Il nuovo corso americano, che probabilmente culminerà con un agognato premio Nobel per la pace al consorte della signora Heinz, si svolge su più fronte: ufficiale, e carsico. Si apprende oggi che da almeno sei mesi esponenti del governo americano si sono incontrati in varie località in Medio Oriente - Egitto, Giordania e Qatar - con dirigenti di Hamas, per concordare la partecipazione al nuovo governo unitario palestinese, e la conferma dei finanziamenti americani.
Ciò su cui gli USA sono prevedibilmente risoluti, è l'ostinazione nei confronti dell'ex alleato israeliano. L'ambasciatore di Gerusalemme negli Stati Uniti ha reso noto l'opposizione americana al piano di edilizia residenziale (1500 appartamenti, di cui 400 nella periferia della capitale) previsto oltre la linea armistiziale del 1949, e ha riportato che l'irritazione non dipende dal patrocinio generosamente offerto al nuovo governo unitario palestinese.
L'opposizione americana non scoraggia il governo israeliano. Che qualche giorno fa ha sottoscritto un protocollo di intesa con la Russia. Una svolta questa volta davvero epocale nei rapporti in Medio Oriente. Bisogna ricordare che prima della Guerra dei Sei Giorni Gerusalemme e Mosca erano relativamente in buoni rapporti, anche se la Russia staliniana oscillava fra pragmatismo, desiderio di sottrarre il neonato stato ebraico all'orbita americana, e manifesto antisemitismo. Sta di fatto che l'attivissimo Cremlino ha annunciato una "linea speciale di comunicazione" che eleva di rango i rapporti fra i due stati. La linea diretta sarà criptata: al palese scopo di evitare intrusioni della NSA americana. Come riporta Maurizio Molinari su La Stampa, l'intesa rafforza i legami commerciali ed economici, con un interscambio destinato a triplicare grazie ad uno scambio fra tecnologia israeliana ed energia russa. E gli Stati Uniti restano a guardare...
Ma non finisce qui: l'Australia, in buoni rapporti con Israele - al pari del Canada, e ora dell'India - ha annunciato che d'ora innanzi non impiegherà l'aggettivo "occupato" con riferimento ai quartieri orientali di Gerusalemme e ai territori contesi del West Bank, sottolineando che esso risulta ne' storicamente appropriato ne' opportuno. Una svolta nella politica estera australiana, coerente peraltro con il riconoscimento della natura terroristica di Hamas: azionista di riferimento del neonato governo unitario palestinese.
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