Un quindicenne romano, in visita a Milano, aggredito in quanto ebreo: indossava la kippah. Un simbolo di appartenenza giudicato inaccettabile dagli aggressori, che lo hanno prima apostrofato in modo dispregiativo («ebreo di merda»), salvo poi passare all'azione: mandando all'ospedale il malcapitato. Accade non lontano dal luogo in cui il 12 novembre scorso il rabbino Nathan Graff venne accoltellato e ferito seriamente da uno sconosciuto mai individuato. Succede questo, nell'Europa una volta illuminata, liberale e tollerante.
L'episodio non è eccezionale. Ieri una donna ebrea è stata accoltellata in un caffè nel quartiere ebraico di Amsterdam. Secondo testimoni oculari, l'aggressore si sarebbe dotato di un coltello presso un vicino supermercato, prima di sferrare il suo attacco. In questo caso, perlomeno, rimediando l'arresto.
E non è finita qui. A Montpellier un politico locale è sotto indagine, per aver contrassegnato il suo account Twitter «Vietato ai cani e agli ebrei». Djamel Boumaaz, musulmano, già iscritto al Fronte National, e di simpatie negazioniste; si è invano giustificato, sostenendo che il suo profilo sarebbe stato hackerato da sconosciuti che avrebbero postato l'affermazione antisemita.
Questi episodi, deplorevoli, avvengono nel giorno in cui da un lato il boss di Facebook corre ai ripari, annunciando modifiche ai Trending Topics, che secondo accuse provenienti da più parti avrebbero distorto un flusso di notizie che altrimenti sarebbe risultato meno squilibrato a sfavore degli ambienti conservatori; dall'altro, a riprova della natura democratica del pluralismo dello stato ebraico, il parlamento di Gerusalemme proclama il primo "Arabic Language Day" annunciando tutta una serie di iniziative finalizzate alla piena integrazione di un minoranza che rappresenta il 20% della popolazione israeliana.
Nessuna sorpresa che la comunità ebraica si senta minacciata nel Vecchio Continente, e che eserciti con sempre maggiore convinzione l'aliyah.
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