sabato 24 settembre 2016

Le allegre donzelle vanno a Gaza

È la "flottiglia delle donne per Gaza", ma in realtà non è una flottiglia: è una singola imbarcazione di gaie donne che ambisce a violare il blocco navale al largo delle coste della Striscia di Gaza. Chiamare questa iniziativa flottiglia è un controsenso, certo; ma anche definirle "attiviste per la pace" lo è, per cui tanti auguri e andiamo avanti.
Quelle che queste simpatiche donzelle non sanno, è che il blocco navale è non solo moralmente valido, ma anche legalmente impeccabile. In un raro momento di onestà le Nazioni Unite hanno esaminato la questione, pervenendo al cosiddetto Rapporto Palmer, dal nome del presidente della commissione legale incaricata dall'ONU: in esso - ben 110 pagine di analisi! - a maggio 2011, si è riconosciuto la legittimità dell'operato del governo di Gerusalemme, fornendo al contempo suggerimenti e raccomandazioni affinché nel futuro si evitino incidenti come quelli scoppiati a bordo della Mavi Marmara. Come quello di non portare energumeni e armi a bordo, se la missione è realmente umanitaria...
Magari se l'avessero saputo, le "donne della flottiglia" (rido) per Gaza avrebbero posto problematiche più serie e impegnative al centro dei loro sforzi; tipo: la corruzione dilagante, la poligamia, i matrimoni combinati, la mutilazione genitale femminile, la violenza subita fra le mura domestiche, l'impossibilità di affermarsi professionalmente, la disparità di giudizio nei tribunali, l'obbligo di indossare abiti umilianti e mortificanti, i delitti d'onore, e via discorrendo. Tutta colpa di Israele? o nulla di che, rispetto alla prospettiva di una misura sacrosanta che impedisce il riarmo di Hamas?...
Ma cosa portano con loro, queste goliardiche donne per Gaza? alimenti? no. Farmaci e generi di prima necessità? nemmeno. Abiti o giocattoli per i bambini? neanche. Chessò, libri o attrezzature domestiche? ma per carità, siamo lontani; portano qualcosa di ben più importante: la loro solidarietà! D'altro canto, è nota l'abbondanza di alberghi e ristoranti a Gaza. I palestinesi da questo punto di vista se la devono passare molto bene, se le stime dell'OMS colloca West Bank e Gaza in cima alla pesante classifica mondiale per tasso di obesità.
Certo, c'era un modo per raggiungere Gaza senza imbarcarsi, affrontando i perigli e le insidie del mare. Per via terra: ma per arrivare lì bisognerebbe passare dalla Libia: troppo polveroso, e poi non si sa mai che questi arabi non siano così stupidi come gli israeliani. Ammesso e concesso che la traversata del deserto non riveli insidie insormontabili, di sicuro gli egiziani non andrebbero troppo per il sottile e le sbatterebbero in galera per un po', prima di rimandarle a casa con maschi calci nel loro candido sedere. Meglio arrivare a Gaza via mare: è più fresco, si può godere di continuo monitoraggio - in gamba queste donne: riescono persino a guidare una imbarcazione a motore. Chissà quando hanno preso la patente nautica... - e magari con un po' di fortuna si può anche passare qualche giornata di soggiorno ad Ashdod, in Israele, prima di volare di ritorno a casa con i confortevoli aerei di El Al.
Certo, potrebbero sbarcare in Egitto. Ma il valico di Rafah è chiuso da gennaio 2015: da lì non si entra a Gaza. Mica sono stupidi come gli israeliani, che dai valichi di Erez e Kerem Shalom fanno entrare ogni giorno tonnellate di cibo e generi di prima e seconda necessità!
Chissà poi se mai questa buffa imbarcazione sia attrezzata per attraccare. Magari è dotata di scialuppe, da calare per raggiungere le coste di Gaza. «Ehi! non vorrete mica che le tiri giù io?! è un lavoro da uomini, questo!» (peccato, nel mondo arabo ci sarebbero tanti uomini disposti ad aiutarle, disinteressatamente) A proposito: chi si prenderà la briga di riportare l'imbarcazione al porto da dove è salpata? sarà Hamas, dopo una simile visita di cortesia, così gentile da fornire carburanti e mezzi per la traversata di ritorno?
Fossimo nell'armatore, saremmo un pochino preoccupati. Fossimo nei palestinesi, anche, poveretti. Fossimo negli israeliani, prepareremmo i pop corn...

H/t: Five minutes for Israel.

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