venerdì 28 novembre 2014

Hamas SpA


di Moshe Elad*

Il concetto che esponenti di Hamas di primo piano come Mousa Abu Marzook e Khaled Meshal, che ordinano la violenza in nome del jihad, possano al contempo essere imprenditori che hanno ammassato una fortuna che farebbe invidia agli uomini d'affari di Londra, Parigi o New York; può colpire molti lettori ignari, o risultare propagandistico o fantascientifico. Ma in Medio Oriente la retorica politica o religiosa e i profitti terreni non sono affatto antitetici. Anzi, spesso procedono di pari passo.
Ne' la commistione fra interessi politici e militari, e interessi economici è di esclusiva pertinenza di Hamas, o di altre organizzazione islamiche. Quando ero governatore militare israeliano del distretto di Tiro durante la Prima Guerra del Libano, chiesi di incontrare il locale responsabile di polizia, ma mi fu riferito: «è disponibile soltanto di mattina. Nel pomeriggio si prende cura dei suoi affari». «Affari?», esclamai. «Certo!», rispose il mio interlocutore; «gestisce una catena di supermercati».
Nei miei due anni in Libano appresi che quasi tutti i dirigenti pubblici, incluse le forze dell'ordine, sono al contempo titolari di imprese private. Il capo di polizia in questione, per esempio, faceva pressione affinché le persone che ad egli si rivolgevano, acquistassero generi alimentari dal suo negozio. Poiché i valori occidentali come il conflitto di interessi, la trasparenza e l'efficienza della pubblica amministrazione, sono ignoti o trascurati in questa parte del mondo; molti dirigenti mediorientali considerano la funzione pubblica come un modo per fare fortuna, e molti dipendenti pubblici accettano questo atteggiamento, nella speranza di condividere le briciole della ricchezza del capo.

lunedì 24 novembre 2014

La prova definitiva: la Palestina esisteva prima di Israele!


Un video inedito comprova definitivamente che la Palestina era abitata dai palestinesi, ben prima che nel 1948 fosse proclamato il moderno Stato di Israele. Le riprese propongono un incontro di calcio, tenutosi nel 1939, fra la "Palestina", appunto, e l'Australia. Si potrebbe dire che lo stato oceanico abbia riconosciuto lo stato palestinese, ben prima dei parlamenti di Svezia, Regno Unito e Spagna.

domenica 23 novembre 2014

Un'apartheid scomodo da denunciare

Lo squallore del campo profughi di Yarmouk, in Siria
L'apartheid di cui non si parla ancora a sufficienza: quello praticato dagli arabi, nei confronti di altri arabi. Il non parlarne, nell'ambito dell'opinione pubblica occidentale, appare una chiara manifestazione di razzismo? («che si scannino fra di loro, sono essere inferiori»), ostentata pur di non correre il rischio di fornire un endorsement allo stato ebraico.
Questa riflessione di Khaled Abu Toameh, premiato e stimato giornalista arabo israeliano, è stata vergata alcuni anni fa; ma è sempre attuale: specie se si considera che fu pubblicata a marzo 2010, esattamente un anno prima della guerra civile che in Siria ha provocato oltre 200.000 vittime. Un sanguinoso genocidio, che non ha risparmiato oltre 9.000 bambini, secondo stime delle stesse Nazioni Unite; e almeno 2.400 palestinesi: tutti civili, e molti più di quelli addebitati da Hamas a Gerusalemme, nell'ambito dell'ultima guerra di Gaza.


di Khaled Abu Toameh*

Come mai gli studenti libanesi che di recente hanno accusato Israele di "crimini di guerra" nella Striscia di Gaza, non hanno nulla da dire a proposito del fatto che diecine di migliaia di palestinesi sono stati massacrati in Libano negli ultimi quarant'anni?
Diecine di rifugiati sono stati uccisi, e centinaia feriti nell'offensiva di tre mesi che ha distrutto altresì migliaia di abitazioni nei campi profughi. I giornalisti presenti affermano che si tratta della peggiore ondata di violenze interne in Libano da quando il "paese dei cedri" fu flagellato dalla guerra civile del 1975-1990. Appena tre anni fa, l'esercito del Libano impiegava l'artiglieria pesante per bombardare il campo rifugiati di Nahr-al-Bared, nel Libano settentrionale.
Eppure non si ode alcuna voce di condanna dal Palazzo di Vetro, rivolta verso la Siria o il Libano per le orrende atrocità commesse, o per le discriminazioni ai danni dei palestinesi.

venerdì 21 novembre 2014

Mi dicono che in Israele c'é l'apartheid: è vero?

Sono orgoglioso di proporre la trascrizione di un intervento che la maestra e amica - in ordine di tempo - Barbara ha tenuto ad Udine, nell'ambito di una conferenza patrocinata dalla locale università.
Sebbene si tratti di riflessioni note ai più, tutt'oggi il vecchio cliché dell'apartheid imperante in Israele è duro a morire. Una simile strampalata accusa incoraggia e compatta il fronte degli irriducibili antisemiti; e fa ridere chi vanta una minima conoscenza dei fatti. Ma non sempre si hanno sotto mano dati e informazioni che smentiscano questo assunto.
Come è noto, Israele è stato inizialmente osservato con tiepida positività dall'ambiente della Sinistra mondiale: l'URSS considerava lo stato ebraico un ostacolo all'influenza americana in Medio Oriente. L'atteggiamento dell'universo progressista è mutato dopo la guerra scatenata dalle potenze arabe nel 1967, conclusasi con la sorprendente affermazione schiacciante di Israele; e soprattutto all'indomani della vergognosa risoluzione ONU 3379 del 1975, poi ritirata.
Malgrado alcune aperture, larghi strati dell'opinione pubblica sono rimasti vincolati ad uno schema mentale viziato sotto diversi aspetti; condizionati da una propaganda facilmente smontabile. Mi fa piacere lasciare a Barbara lo spazio necessario a chiarire definitivamente come non vi sia altro stato al mondo dove la convivenza fra diverse razze, diverse culture, diverse lingue e diverse religioni sia pacifica, armoniosa e caratterizzata da gioiosa accettazione e convinta tolleranza.


giovedì 20 novembre 2014

La Giordania commemora i terroristi

La bandiera di Palestina, in un dizionario Larousse del 1939
I fatti si svolsero come tutti sanno. Alla fine del 1947 le Nazioni Unite danno finalmente seguito ad un impegno adottato nel 1920 con la Conferenza di Sanremo, votando la partizione del mandato britannico in Medio Oriente, ed istituendo due stati: uno arabo, e uno ebraico. Sebbene la decisione del Palazzo di Vetro comportasse una vistosa mutilazione - lo stato moderno di Israele sarebbe sorto su un'area di circa 1/6 del territorio assegnato alla Gran Bretagna 27 anni prima affinché ne facesse la patria nazionale degli ebrei - gli ebrei accettarono: e nacque lo stato di Israele. Gli arabi rifiutarono - allora non vi era alcuna menzione di una popolazione palestinese: palestinesi erano indicati gli ebrei, tant'é vero che la bandiera di Palestina del 1939 riportava la stella di David e i colori del moderno Israele - e di lì a breve scoppiò la guerra di indipendenza. Uno stato palestinese avrebbe potuto sorgere a novembre 1947. Ma le potenze arabe che contornavano i due proposti stati, si opposero, e indussero gli arabi indigeni a lasciare le loro case. Gli arabi che vivevano in Israele divennero cittadini israeliani a tutti gli effetti, con tutti i diritti e doveri. Gli arabi che risiedevano nello stato arabo che sarebbe sorto sulla porzione dell'ex mandato britannico in Palestina respinsero il piano di partizione dell'ONU; indotti dai governi arabi a ritenere che la guerra si sarebbe conclusa nel giro di pochi giorni, e che sarebbero tornati presto alle loro case. Perché accontentarsi del 50%, quando puoi ottenere tutta la posta?

martedì 18 novembre 2014

A Gerusalemme uccisi quattro israeliani e l'obiettività della stampa

È bancarotta morale per l'informazione. Oggi a Gerusalemme è stato raggiunto il culmine, ma si fa sempre in tempo a scivolare ancora più in basso. A quest'ora i principali giornali online hanno riportato la notizia del grave attentato a Gerusalemme, dove due arabi sono penetrati all'interno della sinagoga di HarNof armati di pistole, coltelli e asce, uccidendo all'urlo di "Allah hu Akbar" quattro fedeli raccolti in preghiera, e ferendone 13, di cui almeno quattro gravemente. Sopraggiunte, le forza di polizia si sono cimentate in un conflitto a fuoco, che ha lasciato per terra i due terroristi.
Vediamo come stanno commentando i principali giornali l'attentato; ennesimo di una lunga e drammatica sequenza, documentata clamorosamente soltanto in minima misura.
«Attentato in sinagoga, strage a Gerusalemme», titola La Stampa, che aggiunge: «Morti quattro fedeli ebrei, uccisi anche i due attentatori. La rivendicazione di Hamas». Titolazione neutrale, per cogliere la provenienza palestinese degli attentatori bisogna il primo rigo della corrispondenza. Ma tutto sommato è una proposta ragionevole, in confronto ad altre scellerate.

domenica 16 novembre 2014

Le agenzie di stampa lavorano sotto dettatura palestinese?

di Pesach Benson*

Alcuni giorni fa, l'Organizzazione per la liberazione della palestina ha diffidato i giornalisti stranieri dall'impiegare la denominazione "Monte del Tempio" nell loro corrispondenze dai luogi sacri di Gerusalemme. Secondo l'OLP, il luogo sacro dell'ebraismo si troverebbe in territori occupati, per cui ogni riferimento ad esso diverso da Haram al Sharif (traducibile in "santuario nobile") lederebbe le aspirazioni palestinesi.
Il sito è denominato Monte del Tempio (Har HaBayit in ebraico) perché è dove si collocava il Tempio fatto costruire da Salomone e poi da Erode. Ebrei e cristiani conoscono questo luogo con questo nome da millenni, prima che una linea verde intersecasse fittiziamente la Città Santa.
Ora arriva l'OLP e sostiene che "Monte del Tempio" è un nome improprio e politicizzato.
A questo punto mi chiedo se questa breve del corrispondente Reuters Jeffrey Heller è scritto per compiacere i palestinesi, o è soltanto sciatteria. Tenuto conto dell'ammonimento dell'OLP, le mie antenne hanno incominciato a vibrare: