domenica 23 novembre 2014

Un'apartheid scomodo da denunciare

Lo squallore del campo profughi di Yarmouk, in Siria
L'apartheid di cui non si parla ancora a sufficienza: quello praticato dagli arabi, nei confronti di altri arabi. Il non parlarne, nell'ambito dell'opinione pubblica occidentale, appare una chiara manifestazione di razzismo? («che si scannino fra di loro, sono essere inferiori»), ostentata pur di non correre il rischio di fornire un endorsement allo stato ebraico.
Questa riflessione di Khaled Abu Toameh, premiato e stimato giornalista arabo israeliano, è stata vergata alcuni anni fa; ma è sempre attuale: specie se si considera che fu pubblicata a marzo 2010, esattamente un anno prima della guerra civile che in Siria ha provocato oltre 200.000 vittime. Un sanguinoso genocidio, che non ha risparmiato oltre 9.000 bambini, secondo stime delle stesse Nazioni Unite; e almeno 2.400 palestinesi: tutti civili, e molti più di quelli addebitati da Hamas a Gerusalemme, nell'ambito dell'ultima guerra di Gaza.


di Khaled Abu Toameh*

Come mai gli studenti libanesi che di recente hanno accusato Israele di "crimini di guerra" nella Striscia di Gaza, non hanno nulla da dire a proposito del fatto che diecine di migliaia di palestinesi sono stati massacrati in Libano negli ultimi quarant'anni?
Diecine di rifugiati sono stati uccisi, e centinaia feriti nell'offensiva di tre mesi che ha distrutto altresì migliaia di abitazioni nei campi profughi. I giornalisti presenti affermano che si tratta della peggiore ondata di violenze interne in Libano da quando il "paese dei cedri" fu flagellato dalla guerra civile del 1975-1990. Appena tre anni fa, l'esercito del Libano impiegava l'artiglieria pesante per bombardare il campo rifugiati di Nahr-al-Bared, nel Libano settentrionale.
Eppure non si ode alcuna voce di condanna dal Palazzo di Vetro, rivolta verso la Siria o il Libano per le orrende atrocità commesse, o per le discriminazioni ai danni dei palestinesi.

Studenti e docenti libanesi, siriani e giordani che hanno preso alle manifestazioni ostili nei confronti di Israele, tenutesi in questi giorni nelle università, hanno evidentemente dimenticato che i loro regimi hanno sulle loro mani più sangue palestinese di Israele. Ad inizio anni Settanta, la Giordania macellò migliaia di palestinesi, in quello che fu ricordato il "Settembre Nero". Forse qualcuno ricorda una risoluzione di condanna da parte dell'ONU?
E dov'erano le Nazioni Unite quando il Kuwait e diversi stati del Golfo espulsero oltre 400.000 palestinesi in una settimana? l'esodo ebbe luogo a marzo 1991, dopo che il Kuwait fu liberato dall'occupazione irachena.

Sebbene più di 400.000 palestinesi vivono in 12 campi profughi in Libano - i più desolatamente squallidi, fra tutti i campi profughi allestati in Medio Oriente - per non parlare di quelli ospiti negli altri campi rifugiati nei paesi arabi; ad essi è affibbiato l'appellativo di "straniero",il che li priva di accesso alla sanità, ai servizi sociali, al diritto di proprietà e all'istruzione pubblica.
Ancora peggio, la normativa libanese impedisce ai palestinesi l'accesso a diverse professioni. Ciò vuol dire che i palestinesi non possono lavorare nel settore statale e in istituzioni pubbliche come scuole ed ospedali. A differenza di Israele, gli ospedali pubblici libanesi non forniscono prestazioni sanitarie o interventi chirurgici ai palestinesi.
Qualcuno riesce ad immaginare lo stigma internazionale se il parlamento israeliano varasse una legge che vietasse agli arabi di accedere a determinate professioni, o di beneficiare illimitatamente del servizio sanitario israeliano? ironia della sorte, gli arabi che vivono in Israele godono di ben più diritti nello stato ebraico, dei diritti vantati dai loro "fratelli palestinesi" in tutti gli altri stati arabi.
E ancora: mentre Israele ha sempre riconosciuto la cittadinanza alla minoranza araba, la Giordania ha revocato la cittadinanza a migliaia di cittadini di discendenza palestinese. La Giordania è stato peraltro l'unico stato arabo a concedere la cittadinanza giordana ai palestinesi. Tuttavia, negli anni recenti è apparso evidente che Amman si sia pentita di questa decisione.

A proposito degli altri stati arabi, i palestinesi possono soltanto sognarne la cittadinanza. È pressoché impossibile trovare un palestinese con passaporto - per dire - egiziano o marocchino.
E non è assurdo che Giordania ed Egitto arrestino palestinesi che manifestano in supporto dei loro fratelli di Gaza o del West Bank, mentre i cittadini israeliani arabi quasi ogni giorno sono liberi di manifestare il loro supporto a favore dei palestinesi?
E non è ironico che il governo di Benjamin Netanyahu contribuisce a stimolare l'economia palestinese del West Bank, più di quanto fatto da qualunque altro stato arabo?
A prima vista, sembra come se gli studenti che distribuiscono volantini che descrivono le sofferenze dei palestinesi, si riferiscano a coloro che hanno la sventura di vivere nei campi profughi di Libano ed Egitto.

È giunta l'ora di iniziare a denunciare le discriminazioni, i massacri e l'intolleranza subite dai palestinesi nel mondo arabo. Gli studenti e i docenti dovrebbero indire una settimana contro l'apartheid subito dai palestinesi che vivono al di fuori di Israele. Ma forse una sola settimana non sarebbe sufficiente.
Ne abbiamo abbastanza di sentire quanto "censurabile" sia Israele. Ma ora cerchiamo di denunciare le sofferenze patite dai palestinesi nel mondo arabo. O è qualcosa che gli odiatori di Israele non sono disposti ad ascoltare?


* What About The Arab Apartheid?
su Gatestone Institute.

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