mercoledì 22 maggio 2013

Come è nato il blocco navale al largo delle coste di Gaza

Un articolo dal titolo "I ritrovamenti di gas naturale nel Mediterraneo orientale possono alterare l'equilibrio strategico", a firma di Yolande Knell e apparso sulle pagine dedicate al Medio Oriente del sito della BBC News il 13 maggio scorso, è complessivamente equilibrato e accurato.
Tuttavia, verso la fine dell'articolo, in cui si discute delle riserve di gas al largo delle coste della Striscia di Gaza, ritroviamo la seguente affermazione: «Da tempo è noto il giacimento marino di Gaza, a sud della linea costiera del bacino del Levante, ad una trentina di chilometri al largo delle coste del territorio palestinese. Nel 1999, l'ANP assegnò i diritti di esplorazione alla British Gas; tuttavia, la guerra fra palestinesi e israeliani ha impedito ulteriori sviluppi del giacimento. La situazione si è complicata quando gli estremisti islamici di Hamas hanno assunto il potere con la forza nel 2007, esautorando i rivali del Fatah. Israele ha conseguentemente irrigidito il blocco navale e costiero di Gaza».

Partiamo da un esame dell'accuratezza dell'ultima affermazione. La salita violenta al potere di Gaza ha avuto luogo fra il 5 e il 15 giugno 2007, con l'autorità palestinese - l'entità internazionalmente riconosciuta come rappresentativa del popolo palestinese - che fu espulsa con la forza dal governo. Dopo quell'evento, sia Egitto che Israele hanno chiuso i rispettivi confini con la Striscia di Gaza, in virtù del fatto che l'organismo incaricato dalle intese reciproche sottoscritte con gli Accordi di Oslo - l'autorità palestinese, appunto - della responsabilità di esercitare il controllo del territorio, non era più in grado di adempiere agli impegni.
Tre mesi dopo, il 19 settembre 2007, alla luce dell'escalation di attacchi missilistici terroristici nei confronti delle famiglie israeliane da parte della Striscia di Gaza controllata da Hamas, il governo israeliano decise di dichiarare Gaza "territorio ostile": «Hamas è un'organizzazione terroristica che ha preso il controllo della Striscia di Gaza, trasformandola in un territorio ostile. Questa organizzazione è impegnata in attività ostile ai danni dello stato di Israele e dei suoi cittadini, ed è pienamente responsabile per questa attività. Pertanto, è stato deciso di adottare la raccomandazione presentata dai responsabili della sicurezza, inclusa quella di proseguire nelle attività di contenimento militare e controterroristico. Ulteriori misure saranno stabilite nei confronti del regime di Hamas, allo scopo di restringere il transito di alcuni beni verso la Striscia di Gaza, riducendo la fornitura di combustibili ed elettricità. Saranno previste altresì restrizioni sui movimenti di persone da e per Gaza. Le sanzioni saranno elevate dopo verifica dei requisiti di legge, tenuto conto sia degli aspetti umanitari afferenti la Striscia di Gaza, sia il proposito di evitare una crisi umanitaria».
L'affermazione di Yolande Knell, secondo cui il blocco navale di Gaza sarebbe stato «irrigidito» immediatamente dopo il colpo di stato di Hamas del 2007 (così almeno chiunque interpreta leggendo le sue parole) è errata, poiché il blocco navale è stato posto in essere soltanto a gennaio 2009.
Secondo quanto stabilito dagli Accordi di Oslo, sottoscritti liberamente dai rappresentanti del popolo palestinese, le acque costiere di Gaza restano sotto la responsabilità israeliana. Gli accordi suddividono queste acque in tre differenti zone, denominate "K", "L" e "M": «Alla luce delle disposizioni di questo paragrafo, le zone "K" e "M" saranno chiuse alla navigazione, e ristrette all'attività della marina israeliana».
La zona L è istituita per «attività economiche, ittiche e ricreative», a patto che esse seguano specifiche indicazioni, fra cui le seguenti: «nell'ambito delle responsabilità di Israele per la sicurezza delle tre aree marittime, le imbarcazioni della Marina israeliana possono navigare attraverso le zone citate, se ritenuto necessario e senza restrizioni, e possono adottare tutte le misure che si dovessero rendere necessarie contro le imbarcazioni sospettate di essere utilizzate per attività terroristiche o per contrabbandare armi, munizioni, narcotici o il frutto di altre attività criminose. La polizia palestinese sarà informata di queste azioni».
Dopo lo sgombero di Israele da Gaza, l'accordo del 15 novembre 2005, sottoscritto fra Israele e autorità palestinese, ha sostanzialmente ratificato questa previsione normativa.
Dopo la violenta presa del potere a Gaza da parte di Hamas del 2007, Israele ha introdotto le zone marittime al largo delle coste della Striscia nel tentativo di ridurre l'ingresso di armi all'interno dei territori - si veda ad esempio l'Avviso ai Naviganti n. 6/2008 del 13 agosto 2008 - ma questa è cosa diversa da un blocco navale, che ha una specifica definizione giuridica. Sicché l'affermazione di Knell è errata.
E' corretto affermare, come fa la Knell, che «il conflitto fra israeliani e palestinesi ha impedito ulteriori ricerche sui giacimenti di gas»? Beh, sicuramente, qualora i palestinesi avessero scelto di sviluppare l'economia di Gaza dopo il disimpegno israeliano del 2005, e qualora un'organizzazione terroristica non si fosse impossessata del territorio di lì a breve, rendendolo un'enclave terroristica che ha reso necessaria l'implementazione di zone marittime e in seguito di un blocco navale, senza considerare l'esautorazione violenta di un organismo internazionalmente riconosciuto come rappresentante del popolo palestinese, unico legittimato a prendere per esso decisioni: in questo caso ci sarebbero state diverse opportunità per esplorare i giacimenti off shore di gas naturale.
Ma come sempre, è molto più facile incolpare e biasimare il vicino stato israeliano di ogni colpa, piuttosto che turbare i telespettatori della BBC con un resoconto dettagliato degli eventi per i quali i palestinesi sarebbero chiamati a dichiarare la propria responsabilità.

Fonte: BBCWatch.

Poscritto. Il governo di Gerusalemme ieri ha approvato l'espansione (raddoppio) dell'area marittima costiera di Gaza adibita alla pesca da 3 a 6 miglia nautiche. Della decisione sono state informate le autorità palestinesi, quelle egiziane e quelle internazionali. Lo rende noto l'IDF.

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