di Michael Sfaradi*
Più volte il governo di Gerusalemme, per voce di alcuni funzionari del ministero della difesa o degli esteri, aveva avvertito, sia direttamente sia tramite i canali internazionali, che non sarebbero stati tollerati spostamenti di armi strategiche come quelle chimiche in dotazione all’esercito siriano o di missili a lunga gittata di fabbricazione iraniana nelle mani della milizia sciita Hetzbollah. Già nei mesi scorsi l’aeronautica militare israeliana aveva colpito, alla periferia di Damasco, il centro di ricerche per la guerra chimica dell’esercito siriano. Si trattò comunque di un’azione mirata e di basso profilo, più che un vero e proprio atto di guerra un serio avvertimento, niente a che vedere con quello che sta succedendo in queste ore. Ultimamente c’erano stati diversi cambiamenti ai confini fra la Siria e lo Stato ebraico, e questo non era certamente sfuggito agli esperti e agli osservatori internazionali. La prima avvisaglia si era avuta nei giorni scorsi con l’improvviso spostamento e schieramento di tre delle cinque batterie antimissile “Iron Dome”, le stesse che difesero il sud di Israele durante l’operazione “Colonna di nuvola”. Inizialmente si era pensato, o meglio si era voluto far credere, che l’azione fosse legata a delle non meglio precisate esercitazioni che avrebbero dovuto interessare reparti della brigata del Golan, alcuni squadroni di mezzi corazzati e decine di riservisti richiamati proprio per aggiornamento e addestramento, ma le ultime notizie che arrivano dai canali internazionali, e che stranamente vengono confermate nel giro di poche ore, hanno completamente cambiato le carte in tavola mettendo in luce il fatto che Israele segue gli eventi siriani come la massima attenzione e quando lo ritiene necessario interviene.
Alcuni jet con lo scudo di David hanno infatti colpito a più riprese in territorio siriano. Il primo bombardamento ha interessato un convoglio che trasportava missili a lunga gittata di fabbricazione iraniana destinati ad Hezbollah, ordigni con una gittata variabile fra i 100 e 300 km che avrebbero potuto colpire tutte le città israeliane da nord a sud. Il convoglio che era partito dall’aeroporto di Damasco prima tappa del viaggio da Teheran, ed era diretto verso il confine con il Libano quando è stato intercettato e, nel giro di pochi minuti completamente distrutto. Il secondo bombardamento ha nuovamente interessato il centro di ricerche per la guerra chimica e questa volta, stando alle notizie che riescono a filtrare, sembra che la struttura sia andata completamente distrutta. Il rischio che alla lunga il conflitto possa allargarsi è concreto anche se attualmente non è interesse né del governo siriano né di quello israeliano ad accendere la miccia di una situazione che potrebbe esplodere coinvolgendo tutto il medio oriente. Hassan Nasrallah, il capo di Hetzbollah, potrebbe, come fece nel 2006, dare ordine ai suoi di martellare il nord di Israele con i missili già arrivati dall’Iran negli scorsi anni con il silente bene placido dell’UNIFIL, da questo si capisce perché lo stato maggiore israeliano abbia deciso di spostare “Iron Dome” al Nord prima di effettuare i pesanti bombardamenti di ieri e il venerdì.
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