Bene, i palestinesi hanno mezzo piede alle Nazioni Unite. Siamo tutti contenti per loro.
Mettiamo che Abu Mazen, dimenticandosi per un momento di essere stato l'organizzatore della strage di Monaco del 1972, e il mandante di diecine di attentati suicidi fino alla costruzione della barriera difensiva fra Israele e Cisgiordania; si facesse cogliere da amore improvviso per la democrazia, indicendo in Cisgiordania nuove elezioni (gli organi democratici sono scaduti da tre anni).
Prevedibilmente, le elezioni le vincerebbe Hamas (quelle amministrative recenti sono state una disfatta totale per Al Fatah). Una organizzazione che NON intende riconoscere lo stato di Israele, NON intende procedere alla creazione di uno stato palestinese, e alla fine vedrebbe premiata gli sforzi degli ultimi anni, culminati con la recente "guerra degli otto giorni".
Soprattutto, Hamas è riconosciuta come organizzazione terroristica dalla stessa ONU, dagli Stati Uniti e dall'Unione Europea. Quell'Europa di cui fa parte l'Italia, che ha votato a favore della risoluzione presentata dal Sudan (quello del dittatore autore del genocidio nel Darfur, con oltre 400 mila morti).
Un bel guaio abbiamo combinato. L'Europa ha controfirmato gli Accordi di pace di Oslo nel 1993, che tracciavano la rotta per finalmente porre fine al conflitto arabo-israeliano, e adesso avalla la decisione dell'OLP di cestinare quegli accordi, che escludevano esplicitamente iniziative unilaterali da parte dei due contendenti. L'Europa che ha versato miliardi di euro nelle casse dell'ANP, confidando in un negoziato bilaterale, adesso plaude alla decisione di far saltare il processo di pace.
Capisco che l'approvazione della risoluzione era inevitabile: l'assemblea generale dell'ONU (193 membri votanti) è in mano ai paesi non allineati (120, presieduti dall'Iran), per cui domani potrebbero votare una risoluzione che stabilisce che la Terra è quadrata, e tutti saremmo indotti a credervi. Ma che bisogna c'era di associare il proprio voto favorevole a quelli di stati canaglia e apertamente filo-islamici? C'entra qualcosa forse il fatto che qualche giorno fa l'Italia abbia stretto un accordo con il Qatar, che tramite Al Jazeera influenza e orienta l'opinione pubblica globale, e che di recente ha promesso generosi investimenti nella Striscia di Gaza amministrata da Hamas? Di certo è una decisione strategica di natura squisitamente politica, e non tecnica, quella presa dal governo di Roma, che per questo oltretutto non risponderà ad un parlamento che negli ultimi anni aveva assunto un orientamento più filoisraeliano e meno sbilanciato verso le posizioni filoarabe.
Intanto si incominciano a scorgere i primi effetti nefasti di questa sciagurata decisione che casomai apporterà vantaggi personali soltanto al contestato presidente dell'OLP, frustrato dall'improvviso guadagno di visibilità e legittimazione dei rivali di Hamas. Il governo di Gerusalemme ha autorizzato la costruzione di nuovi alloggi nei quartieri orientali di Gerusalemme e nei territori contesti del West Bank. Iniziativa coerente: caduti gli Accordi di Oslo, non c'è più alcun vincolo per il governo israeliano a congelare ogni decisione relativa agli insediamenti in Giudea e Samaria.
E cosa succederà quando l'Iran - che sta approfittando dello scompiglio delle ultime settimane per ultimare il suo progetto nucleare - raggiungerà la famigerata linea rossa? verosimilmente, lo schieramento su cui potrà contare lo stato ebraico riguarderà gli Stati Uniti, l'Australia, il Canada e forse Germania e repubblica ceca; ma non Italia, Spagna e Francia, fra gli altri, troppo interessati a tessere relazioni finanziarie con il mondo arabo per indispettirne un rilevante esponente. Un mondo spaccato a metà, che cestina ogni prospettiva di pace a cui pure in precedenza aveva alacremente lavorato, per il tramite del "Quartetto" (Stati Uniti, Russia, ONU e Unione Europea; una definizione che adesso suscita solamente ilarità).
Ma non bisogna vedere il bicchiere sempre mezzo vuoto. Uno dei tanti "effetti collaterali" non calcolati dalla scelta palestinese di chiedere il riconoscimento parziale all'ONU, è che mentre prima gli attentati terroristici durante e dopo l'intifada, erano azioni di singoli, "movimenti di liberazione e di resistenza", censurabili eventualmente a livello morale e ideologico, ma non condannabili nelle sedi opportune; oggi le stesse aggressioni sarebbero assimilabili ad atti di guerra di uno stato contro un altro stato. Abu Mazen ci penserà molto attentamente prima di "scatenare la terza intifada".
Io non sarei così ottimista: una scappatoia per giustificare i palestinesi si trova sempre.
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