Dunque è ufficiale: gli Stati Uniti di Hussein Obama infliggono al mondo un'ulteriore dolorosa automutilazione, accettando il programma di arricchimento dell'uranio della repubblica iraniana, e in premio offriranno agli ayatollah alcuni miliardi di dollari all'anno, mediante allentamento delle sanzioni esistenti e sblocco delle entrate congelate in alcune banche europee. L'ex senatore junior dell'Illinois, esemplare emulo di Chamberlain - il 30 settembre 1938 non è così lontano... - si appresta così a vincere un secondo premio Nobel per la pace; magari, questa volta ex aequo con il suo sodale Hassan Rowhani, che da Teheran ha benedetto l'intesa.
Un'intesa maturata per lungo tempo: non certo dal giorno successivo all'elezione del successore del rude e irritante Ahmadinejad: come ha rilevato il Times of Israel, che cita la Associated Press, fra Stati Uniti e Iran i colloqui sono andati avanti a livello diplomatico per tutti gli ultimi dodici mesi; almeno da marzo, per il tramite del vice segretatio di Stato William Burns (nomen omen). Il bonario Rowhani è stata la figura tranquillizante scelta da Ali Khamenei per far accettare all'opinione pubblica mondiale un'intesa apparsa fino a qualche tempo fa il frutto di una maggiore moderazione del regime persiano. Il desiderio degli Stati Uniti di assecondare le aspirazioni e le ambizioni dell'Iran a divenire potenza atomica - malgrado le ripetute violazioni dei diritti umani, la repressione della dissidenza e delle minoranze, gli imbrogli ai danni della comunità internazionale, il sostegno al terrorismo internazionale e l'appoggio al regime sanguinario di Assad in Siria - è arrivato al punto da salutare con soddisfazione la sconfitta subita ieri dalla nazionale a stelle e strisce di volley a Tokyo - guarda caso - proprio contro l'Iran...
Trent'anni fa, il presidente Reagan precisava: «trust, but verify». Apprezziamo la volontà dell'Unione Sovietica di smantellare il proprio arsenale nucleare, ma non procederemo in condizioni di reciprocità, prima di accertarci che alla volontà seguano i fatti. Gli USA di Obama staccano un generoso assegno, che darà linfa ad uno stato messo in difficoltà dal calo delle quotazioni del greggio degli ultimi mesi, e in cambio si limitano a chiedere sommessamente al regime degli ayatollah di dimostrare che il loro programma nucleare sia a scopi pacifici e non bellici. Come tutti sanno, è fondamentale che gli aridi pascoli battuti dalle caprette iraniane siano illuminati a giorno dall'energia che sarà prodotta ora dagli impianti atomici in costruzione; o che la ben nota industria manifatturiera iraniana possa accedere a ulteriori fonti di energia, rispetto a quella ottenuta dalla combustione del petrolio (l'Iran nel 2012 ha prodotto il 3.9% degli idrocarburi estratti in tutto il mondo)...
Gli "scettici" (eufemismo impiegato con non tanto implicito riferimento ad Israele, terrorizzato dalla prospettiva nucleare di uno stato che nei suoi confronti ha usato in questi giorni parole confortanti, del tipo «cane rabbioso da eliminare»...) sono stati tranquillizzati: nuove ispezioni permetteranno di verificare che il regime degli ayatollah non supererà la soglia massima consentita del 20%, oltre la quale la dotazione di una o più bombe atomiche sarebbe cosa fatta. Omettendo di ricordare che affinché l'uranio sia impiegato per finalità civili, non occorre che sia arricchito al 20%; e trascurando di precisare che le ispezioni saranno improvvise e non concordate. Proprio come piaceva fare ad El Baradei, che per conto dell'AIEA conduceva ispezioni morbide agli impianti iraniani, dei quali non scorgeva alcuna finalità bellica; grazie al conforto ottenuto in loco dal responsabile dei negoziati: tale Hassan Rowhani. Ne' Obama ha imposto lo smantellamento delle 19.000 centrifughe già esistenti: è stato solo "imposto" che esse non aumentino in numero.
Tace per il momento l'Arabia Saudita, terrorizzata dalla prospettiva di avere ai propri confini un odiato rivale nuclearizzato, al punto da aver commissionato al Pakistan una fornitura di arsenale atomico completo; mentre a Gerusalemme il primo ministro indice un consiglio dei ministri straordinario, chiarendo che a questo punto nessuna opzione sia esclusa. In Iran, come da ripugnante tradizione, i cittadini festanti offrono caramelli e dolcetti ai passanti, secondo le prime testimonianze che pervengono in Occidente.
Sembra che una parte rilevante del Mondo sia ora preoccupata non tanto dall'intenzione dell'Iran di usare la bomba atomica per eliminare Israele e uccidere tutti quelli che vi abitano; quanto del desiderio di Israele di impedire all'Iran di eliminarlo. Adesso c'è da scommettere che l'Iran chiederà ulteriori garanzie: non vanificare questo risultato storico in virtù di un intervento israeliano di neutralizzazione delle centrali di arricchimento di uranio e plutonio; come già proditoriamente commesso in passato. Dopo aver risparmiato la Siria, e poi l'Iran; gli Stati Uniti si preparano ad attaccare Israele?
Anni fa c'era una bellissima vignetta in cui Ahmadinejad diceva: "Confermo che il nostro nucleare è destinato ad usi civili. Per la precisione: civili israeliani".
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