La presidenza dell'Autorità Palestinese è una carica ricca di prestigio e foriera di arricchimento personale. Non a caso l'attuale presidente, Abu Mazen, siede sulla poltrona più alta dell'ANP ininterrottamente dal 2005, essendosi dal 2009 fermamente opposto ad indire nuove elezioni; verosimilmente proprio nel fondato timore di perdere l'ambita carica che tanti vantaggi gli ha procurato.
Purtroppo il presidente è figura solitaria; si può sempre istituire la figura di presidente vicario, o presidente onorario, o presidente a vita (appunto); ma insomma, per chi non si chiama Mahmoud Abbas, bisogna accontentarsi delle posizioni più distanti dal vertice.
Sei mesi fa Salaam Fayyad ha gettato la spugna, rassegnando le dimissioni dalla carica di primo ministro dell'ANP. Al di là dei ringraziamenti di rito per il lavoro svolto, è apparso subito evidente il contrasto insanabile fra il capo del governo apprezzato dal mondo occidentale per il suo equilibrio, e le fameliche pretese del presidente, interessato soltanto a mettere le mani sulle casse dell'ANP.
Abu Mazen ha successivamente nominato Rami al-Hamdallah capo del governo di Ramallah, ma il malcapitato ha rifiutato l'incarico dopo pochi giorni, denunciando la «situazione di conflitto, confusione e corruzione regnante nell'autorità palestinese». Sono seguiti chiarimenti più o meno forzati, conferme e smentite rocambolesche, fino a quando il professore palestinese ha chinato il capo per "amor di patria", accettando l'incarico in attesa di nuova designazione.
Ma ci sono altre cariche tuttora vacanti. Come riferisce Khaled Abu Toameh, stimato giornalista arabo israeliano, una delegazione di Al Fatah starebbe cercando di convincere Marwan Barghouti ad accettare l'incarico di vice presidente dell'Autorità Palestinese. Non sappiamo se ciò brucierà le ambizioni di un noto personaggio dell'ebraismo italiano, che nelle ore recenti ha dichiarato la fuoriuscita dalla comunità milanese di appartenenza (non ci risulti che gli aspetti geografici ostino alla carica in questione); ma siamo sicuri che il principale responsabile della "seconda intifada", nonché ergastolano pluriomicida senza scrupoli ne' ripensamenti; possa rappresentare benissimo l'embrione di un futuro stato palestinese. Non a caso, quando il volto presentabile dell'ANP sei mesi fa rassegnava le sue dimissioni da primo ministro, un sondaggio condotto nei territori palestinesi confermava Barghouti come presidente ideale dell'ANP, se mai elezioni si tenessero a Ramallah e dintorni.
A questo punto, la strada verso la pace è pienamente spianata. L'Occidente approverebbe.
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