Mille palestinesi uccisi in Siria in meno di due anni; 1038, per l'esattezza. La denuncia proviene da fonte insospettabile di simpatie sioniste: le bridate Ezzedin Al Qassam, braccio armato di Hamas, che oltretutto fino a poco tempo fa aveva quartier generale proprio a Damasco, prima che la repressione di Assad decimasse centinaia di palestinesi "ospitati" (confinati) in luridi campi profughi, costringendo il movimento integralista islamico a prendere le distanze dal regime siriano, abbandonando in fretta e furia la sede principale, ora vacante.
Più di mille palestinesi, inoffensivi, uccisi spietatamente. Il macabro conteggio equivale ad oltre dieci volte le vittime palestinesi della recente operazione Pillar of Defense, considerando anche i terroristi, prevalenti, le vittime del "fuoco amico", le morti per esplosione accidentale di munizioni a Gaza e dintorni, e le vittime perite in altri conflitti, contabilizzate come palestinesi per ingigantire il conteggio e influenzare l'opinione pubblica.
Adesso chissà quanti titoloni sui giornali, quante bandiere della pace, quante ambasciate assediate, quante flottiglie salpate, quanti extraparlamentari indignati, quanti centri sociali mobilitati, quanto commissioni ONU allertate...
Scontato sarcasmo a parte, le condizioni dei palestinesi di Gaza si fanno sempre più dure, vittime dell'intransigenza di Hamas. L'organizzazione terroristica che comanda nella Striscia dal 2007, ha imposto ulteriori restrizioni a chi desidera lasciare temporaneamente lo stato: per beneficiare di cure mediche nel vicino Israele, per esempio; o anche per andare a trovare parenti e conoscenti nel West Bank (dopotutto, dovrebbero essere regioni di uno medesimo e futuro stato, no?). Il ministero degli interni di Gaza ha emesso un decreto che obbliga i palestinesi che desiderano viaggiare passando mediante il valico di Erez, a munirsi di una ulteriore autorizzazione da rilasciarsi discrezionalmente. Secondo Gerusalemme, soltanto a gennaio oltre 5000 palestinesi sono entrati in Israele, di cui molti per motivi commerciali. La ONG Palestinian Center for Human Rights, di Gaza, ha espresso seria preoccupazione per le nuove restrizioni di Hamas.
La decisione sarebbe stata presa dopo che il governo israeliano ha chiuso a scopo precauzionale il valico di Kerem Shalom, minacciato dal nuovo lancio di missili da parte di Hamas. Il valico in questione peraltro sarebbe stato già aperto in queste ore, ma la controparte doganale gazana non si è presentata per prendere in carico i 65 camion provenienti oggi da Israele, e trasportanti come sempre tonnellate di generi di prima e seconda necessità; rimasti così al valico a macerare (gli autoarticolati trasportano frutta, verdura e derrate alimentari deperibili, destinati alla popolazione palestinese di Gaza).
E il mondo resta a guardare. Almeno, fino a ieri. In Norvegia, stato tradizionalmente orientato verso le "ragioni" palestinesti, anche per il condizionamento esercitato da una consistente e ben presente minoranza di immigrati musulmani, ha annunciato oggi che il governo prenderà in considerazione l'ipotesi di tagliare gli aiuti finanziari versati all'autorità palestinese, a fronte dell'uso esecrabile che del denaro viene fatto. La televisione di Oslo ha nettamente condannato l'opera di demonizzazione e di odio antisemita propagandata dalla TV palestinese, controllata dall'OLP di Abu Mazen. Una buona notizia, che priverà di ossigeno chi lavora a sfavore del processo di pace. Una sola domanda, però: cari signori norvegesi, dove siete stati in tutti questi vent'anni dalla firma degli Accordi sottoscritti proprio nella vostra bellissima capitale?
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