Certi palestinesi continuano a macchiarsi di orribili crimini. No, non si tratta di omicidio. Ne' di stupro, o di pedofilia, o di frode ai danni dello stato, o di evasione fiscale; o di qualunque altro reato che noi europei censuriamo e condanniamo senza appello, prima ancora che giunga la sentenza di un tribunale. Certi palestinesi, vendono immobili - case, o anche soltanto terre - agli israeliani; pardon, agli ebrei.
16 palestinesi sono stati condotti in carcere a Ramallah, Gerico e Hebron dall'Autorità Palestinese, e 9 rischiano la pena capitale (la pena di morte, insomma), per essere stati coinvolti nela vendita di proprietà immobiliari ad ebrei. Alcuni indirettamente - chissà, avranno affisso il cartello "Vendesi" sulle vetrine dei loro locali, o come impiegati statali incaricati del rilascio del nulla osta previsto per questo genere di transazioni - altri in qualità di venditori.
Secondo il sito Elder of Ziyon, che ha reso noto la circostanza, il governo di Abu Mazen ha stanziato la cifra di 2.7 milioni di dollari all'anno per condurre indagini circa questo genere di vendite "illegali". Considerando che il PIL pro-capite è di 1.500 dollari all'anno, con questo denaro vivrebbero dignitosamente quasi 2.000 famiglie. Nulla di scandaloso, in una realtà dove il presidente si ritiene spenda 2 milioni di dollari, ogni mese, per viaggi all'estero.
Ciò conferma come il diritto vantato da molti ebrei che vivono da decenni in Giudea e Samaria (West Bank; o come si diceva una volta, Cisgiordania), sia del tutto legittimo, basato su un trasferimento di proprietà conseguente ad una compravendita immobiliare fra arabi e israeliani regolare e valida a tutti gli effetti.
Chissà come sarebbe stato orgoglioso quel signore lì, e quell'altro che lo seguì docile e convinto, di questi provvedimenti restrittivi. Vendere si può; ma non agli ebrei. Prossimo passo? marcare le case abitate dagli ebrei con una bella stella gialla (ma non ce n'é bisogno: i terroristi sanno dove andare a sgozzare le loro vittime. Basta chiedere ai superstiti della famiglia Fogel, massacrata ad Itamar lo scorso anno).
Bizzarro l'atteggiamento dei giornali italiani. Ieri Maria Strada (parente di Gino Strada?) sul Corriere della Sera, si doleva per la sorte di Mahmoud Sarsak, palestinese di 25 anni, in carcere in Israele per terrorismo e nel tempo libero calciatore, in sciopero della fame "controllato" (rifiuta il cibo ma assume regolarmente integratori, liquidi e zucchero). Ma nemmeno una parola per la minaccia di morte sopportata da altri palestinesi, che per loro sfortuna sono sì detenuti; ma non in Israele, bensì nel West Bank, dove il governo ci va duro, a prescindere dal fatto che i malcapitati siano o meno dediti al gioco del calcio.
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