Abbiamo tutti tirato un sospiro di sollievo alla notizia della scarcerazione del terrorista palestinese da tempo in detenzione amministrativa nelle carceri israeliane; ma sì, quello che nel tempo libero gioca nella "rappresentativa di calcio palestinese" (ne ha parlato anche il Corriere della Sera, nella versione online).
In effetti il tema in questione è spinoso, sebbene diversi stati al mondo contemplino questa pratica, e vi facciano ampio ricorso, senza suscitare analoga indignazione. Probabilmente la Norvegia è uno stato più civile ed avanzato di tutti, se lascia morire i palestinesi che proclamano uno sciopero della fame come forma di protesta estrema nei confronti di un governo che non concede l'asilo politico.
Una donna di 31 anni, palestinese di Gaza, rifiuta il cibo da tre settimane, e risulta in pericolo di vita. E' attualmente ricoverata in un ospedale nel sud della Norvegia, e ha accolto con lacerante dolore il rifiuto del governo di Oslo di concedere un asilo politico che eviterebbe a lei e alla sua famiglia un triste destino.
Il comitato etico dell'ospedale avalla la decisione della palestinese: è una sua responsabilità, e non sono tenuti a somministrarle cibo in alcuna forma. La donna può anche morire: o in un ospedale norvegese, o a Gaza, dove non vuole assolutamente tornare. Problema suo.
Nel frattempo, nessun giornale rilancia la notizia. Forse, se la donna fosse una giocatrice di calcio, o se lanciasse qualche bombetta contro civili israeliani, guadagnando le ambite galere sioniste, di certo aiuterebbe...
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