Giusto per capire di cosa stiamo parlando, questo è il bigliettino da visita del neo-presidente dello stato arabo più popoloso al mondo:
«La nostra capitale non è ne' Mecca ne' Medina. Con la volontà di Allah, la nostra capitale sarà Gerusalemme. Milioni di martiri stanno già marciando verso Gerusalemme.
E' Gerusalemme il nostro obiettivo. E' lì che pregheremo».
Poco più di tre anni fa un ometto mediocre, che poco prima per una serie di fortunose circostanze storiche, era stato eletto presidente dello stato più potente al mondo, con il suo famigerato discorso al Cairo dava il via alla rivoluzione araba, ancora oggi chiamata da alcuni primavera araba. Un suo predecessore, al quale oggi è accostato, nel 1979 salutava con entusiasmo la fine dell'esilio dell'ayatollah Khomeini che tornando in Persia inaugurava la rivoluzione iraniana.
Così, mentre l'accondiscendenza occidentale nei confronti della Siria ha indotto la Turchia a trovare la smoking gun che aprirà le ostilità fra i due stati, con la NATO nell'imbarazzata posizione di alleata di Erdogan, più a sud Egitto e Iran convergono verso l'unica democrazia del Medio Oriente.
E noi che ci lamentiamo dei nostri politici ladri di polli. Ne vedremo delle "belle" nei prossimi mesi...
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