Hamas e Al Fatah sono le due organizzazioni politiche che governano i palestinesi, rispettivamente a Gaza e a Ramallah. Si sono scontrate senza esclusione di colpi nel 2006, dopo le elezioni tenutesi nella Striscia che le vide appaiate, con un sottile vantaggio della formazione terroristica espressione locale dei Fratelli Musulmani. Non si sono parlate per anni, poi hanno tentato un riavvicinamento, e da un bel po' parlano di riconciliazione, di governo unitario, di mettersi alle spalle i dissapori e gli omicidi reciproci. Tutte belle manifestazioni di volontà.
Ma la realtà è ben diversa. Hamas ieri ha accusato l'autorità palestinese di Abu Mazen di detenere e torturare i suoi uomini nel West Bank: uno a Nablus, tre a Ramallah. Altri uomini di Hamas sono stati ricoverati in un ospedale nei pressi di Hebron per le ferite riportate dopo essere stati torturati.
La detenzione amministrativa è una pratica comune in molti stati. Lo stesso vicino Israele ha trattenuto per diverse tempo un terrorista palestinese, fortemente sospettato di minacciare l'incolumità fisica degli israeliani quando non è impegnato a giocare a calcio. Lo sciopero della fame e l'attenzione internazionale che ha conquistato il giovane gli sono valsi la libertà, sebbene il rifiuto del cibo non abbia escluso le attente cure sanitarie delle autorità. Ben diversa sorte spetta ai soggetti remotamente sospettati di cospirare ai danni del regime palestinese dominante: uomini di Al Fatah sono incarcerati e maltrattati a Gaza, uomini di Hamas sono arrestati e torturati a Ramallah. L'opinione pubblica internazionale, però, in questo caso non ne è al corrente.
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