giovedì 3 aprile 2014
E anche questi colloqui di pace ce li siamo levati dai piedi
Anche questo avventuroso processo di pace può essere archiviato, in abbondante compagnia degli episodi precedenti. Il povero Pollard resterà in carcere: presumibilmente per poco più di un anno, quando sconterà i 30 anni di pena detentiva che solitamente rimpiazzono il carcere a vita. I 78 criminali palestinesi rilasciati in tre tranche continueranno a festeggiare e ad essere festeggiati a Ramallah e dintorni; privi della compagnia dei 26 detenuti residui che Gerusalemme non ha rilasciato, a fronte dell'indisponibilità di Abu Mazen a prolungare i colloqui oltre la scadenza naturale della fine del mese ('che in così poco tempo non si ricompone nemmeno un dissidio condiminiale; figurarsi un conflitto secolare). John Kerry smetterà di spargere anidride carbonica con le sue continue quanto velleitarie spole da e per il Medio Oriente: si accontenterà della riconoscenza neanche troppo convinta di Obama, che si terrà stretto il suo Premio Nobel.
Tutto torna al punto di partenza; o quasi. I palestinesi hanno presentato richiesta di adesione ad una serie di organismi e trattati internazionali, preludio al riconoscimento statuale pieno, che a sua volta anticipa di poco il trascinamento dello stato ebraico alla Corte dell'Aja. Ma qui potrebbe intervenire la sorpresa: perché Bennett, il brillante ministro dell'Economia del governo Netanyahu, ha ribattuto impavidamente che è pronto questa volta a rispondere pan per focaccia: denunciando il governo di Ramallah per il suo quotidiano finanziamento del terrorismo; alludendo forse - e non solo - agli ingenti mezzi finanziari che Ramallah destina al sostenimento finanziario dei terroristi e delle rispettive famiglie (fondi perlopiù provenienti dall'Occidente, ovviamente).
Nessuno ormai crede più alla possibilità che gli sterili negoziati siano rianimati: Abu Mazen ha chiarito che piuttosto si lascerebbe scuoiare, piuttosto che tornare a discutere di pace; lasciando aperta soltanto la possibilità di definire i confini fra Israele e territori palestinesi: a modo suo, ovviamente; e negando ogni possibile diritto a Gerusalemme. Che deve soltanto sottoscrivere i capricci di un satrapo oltretutto dal mandato scaduto da oltre cinque anni. Non si capisce perché mai le agenzie onusiane accettino le istanze provenienti da Ramallah: dove la presidenza, il parlamento e il governo sono scaduti da diversi anni, e pertanto totalmente illeggittimi e per nulla rappresentativi.
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