sabato 26 aprile 2014

Dove vuole arrivare Abu Mazen?

di Khaled Abu Toameh*

Il presidente dell'Autorità Palestinese (ANP) Mahmoud Abbas ha colto ancora una volta di sorpresa Israele e Stati Uniti, questa volta sottoscrivendo un accordo di "riconciliazione" con Hamas. Il 23 aprile, Abbas ha inviato una delegazione dell'OLP a Gaza per sottoscrivere lo "storico" accordo con il primo ministro di Hamas Ismail Haniyeh. L'accordo prevede la formazione di un governo di unità nazionale, presieduto da Abbas, entro cinque settimane. Sei mesi dopo la formazione del nuovo governo, secondo l'intesa, saranno tenute elezioni presidenziali e parlamentari in tutti i territori palestinesi.
La decisione di Abbas di unire le forze con Hamas è vista come mossa tattica allo scopo di mettere pressione su Israele e Stati Uniti affinché siano accettate le sue condizioni per estendere i colloqui di pace oltre la scadenza prevista del 29 aprile. Ma malgrado la solennità della firma dell'accordo, tenutasi presso la residenza di Haniyeh, la distanza fra la fazione del Fatah di Abbas e quella di Hamas, rimane più ampia che mai.


Non si scorge da nessuna parte che, in virtù degli accordi sottoscritti con Fatah, Hamas cambierà la sua ideologia radicale, abbandonando la lotta armata. Ne' ci sono segnali che indichino la disponibilità da parte di Hamas a consentire alle forze di sicurezza dell'ANP di tornare nella Striscia di Gaza, caduta nelle mani del movimento islamico nel 2007 (dopo un sanguinoso colpo di stato che vide diverse vittime nella fazione del Fatah, NdT).
I leader e i portavoce di Hamas hanno chiarito che l'accordo di "riconciliazione" non implica che Hamas abbandonerà la strada del terrorismo per conseguire i suoi obiettivi: «l'opzione del negoziato è fallita», ha affermato Ra'fat Murra, un dirigente di Hamas dal Libano; « La strada giusta rimane la resistenza».
Ibrahim Hamami, uno scrittore palestinese con forti legami con Hamas, dice di non credere che un accordo di riconciliazione con «gli agenti di Israele» (Abbas e l'ANP, NdR) sia possibile: «non ci dovrebbero essere incontri e riappacificazioni con traditori e collaboratori», conclude.
L'accordo di questi giorni non porrà fine alle dispute fra Hamas e Fatah, così come intenderà esercitare pressioni sui governi di Gerusalemme e Washington. Ne' Hamas e Fatah appaiono intenzionati a condividere il potere nello stesso governo. L'accordo di "riconciliazione" è l'ultimo di una serie di mosse adottate da Abbas da quando i negoziati di pace sono stati fatti deragliare alcune settimane fa. Le manovra di Abbas sono cominciate con la richiesta di adesione a 15 organizzazioni internazionali, ed sono continuate con le minaccie di dissolvimento dell'Autorità Palestinese. Tutte queste mosse hanno colto di sorpresa i governi israeliano e americano (NdT: si capisce bene come siano state meditate da tempo, e non il risultato di una decisione impulsiva. Abbas agiva su due tavoli: su uno fingeva di discutere di pace per compiacere il pubblico mondiale; sull'altro preparava queste mosse clamorose. E ci si chiede se l'amministrazione americana fosse davvero all'oscuro di tutto ciò).
Abbas deve aver concluso che il segretario di Stato americano, John Kerry, sia talmente ansioso di conseguire un accordo di pace fra israeliani e palestinesi, che sia stato disposto a tutto pur di non far naufragare il processo di pace. Apparentemente Abbas non ha percepito che l'amministrazione americana fosse completamente contraria alla richiesta di aderire a 15 trattati e organizzazioni internazionali; ne' ha colto una risposta fermamente contraria da parte di Washington alla minaccia di smantellare l'ANP. Ecco perché ha deciso di saggiare le reazioni degli Stati Uniti firmando un accordo "storico" con Hamas: qualcosa che lo stesso Abbas deve ritenere di improbabile realizzazione.
Abbas non sembra intimorito dalla decisione di Israele di sospendere i colloqui di pace con l'ANP. Al contrario, metteva in conto una risposta aspra da parte di Gerusalemme. Ma sapeva che le misure intraprese sarebbero state contenute, e che Israele non aveva alcun interesse nel veder collassare l'ANP. Sarebbe ben più preoccupato se l'amministrazione americana reagisse fermamente opponendosi all'intesa con Hamas. Il timore più consistente è che siano tagliati i finanziamenti americani ai palestinesi, conducendo ciò all'isolamento; così' come fece Bush nei confronti di Arafat nel 2002.
Inoltre, Abbas vuole che gli USA continuino a proporsi nel ruolo di mediatori, perché sa che ne' l'Europa, ne' i russi ne' tantomeno la Cina possano subentrarvi. Abbas è convinto che è solo questione di tempo prima che Kerry o altri diplomatici volino a Ramallah per tentare di persuaderlo a non stringere un accordo con Hamas.
Ormai il capo dell'OLP ha capito che, ogni volte che compie un gesto drammatico, l'amministrazione americana lancia una nuova iniziativa diplomatica per convincerlo a ripiegare. Sembra quasi godere nell'umiliare la superpotenza americana. E vuole che il suo popolo e gli arabi lo vedano come un eroe che mette in difficoltà gli americani.
Abbas ora è in attesa di verificare cosa otterrà dagli USA in cambio della disponibilità di tornare sui suoi passi in merito all'accordo con Hamas. Se e quando ciò accadrà, Abbas tornerà alla carica con nuove richieste e condizioni, così come ha fatto nelle ultime settimane.

* Fonte: What Is Abbas Trying to Achieve?

Nessun commento:

Posta un commento