Qualche mese fa ci siamo occupati del caso SodaStream: la società che produce il popolare impianto per la realizzazione domestica di bevande gassate. Un'azienda di successo, con i suoi 1500 dipendenti e i 13 impianti di produzione; fra cui quello dibattuto di Ma'ale Adumim. La contesa, s'intende, è sollevata dagli attivisti del movimento di boicottaggio dello stato israeliano; non certo dai dipendenti palestinesi che lavorano nello stabilimento situato nel West Bank: ben felici di vantare una occupazione che garantisce loro una invidiabile retribuzione.
Ma per essi, si avvicina il giorno in cui sarà timbrato l'ultimo cartellino: come si apprende oggi, i 900 dipendenti dello stabilimento di Ma'ale Adumim saranno licenziati, e l'impianto sarà chiuso; o meglio, trasferito nei pressi della località di Lahavim, nel Negev. Un'area incontestabilmente israeliana, a meno che si condivida l'indirizzo di Hamas, che intende inpossessarsi di tutto Israele, "dal fiume al mare" (ma anche Abu Mazen in passato ha manifestato propositi analoghi).
L'operazione è prevista nel 2015. Fra pochi mesi, dunque, 900 famiglie palestinesi perderanno la preziosa fonte di lavoro. Tornano in mente le parole di un ex dipendente palestinese di Ramallah, che sospirò: «chi cerca di aiutare il popolo palestinese, finisce per penalizzarlo».
Dunque, hanno vinto i filo-palestinesi, ma hanno perso i palestinesi. Che potranno sempre proporsi al reclutamento di nuove leve per il fondamentalismo islamico. Hamas paga molto bene; e anche l'OLP sostiene generosamente le famiglie degli aspiranti terroristi.
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