domenica 14 settembre 2014

Quanto occupano i Territori "occupati"?

I "Territori occupati". Prima che la guerra civile in Siria producesse il genocidio di oltre 190 mila persone; prima che la Libia conoscesse il caos incontrollabile conseguente alla caduta di Gheddafi, prima che l'Egitto sprofondasse nella breve parantesi nella tirannia dei Fratelli Musulmani, sembrava a non pochi che davvero bastasse risolvere il conflitto fra arabi e israeliani per consegnare al Medio Oriente un futuro di pace. A poco serviva evidenziare che non già alla terra erano interessati, gli arabi, bensì alla distruzione di Israele; che lo stato ebraico si era ritirato spontaneamente dal Libano e da Gaza, ottenendo nuovi e sempre più veementi attacchi; che l'equazione "terra in cambio di pace" esisteva solo nella mente di ingenui esponenti di una sinistra sempre più emarginata politicamente, perché lontana da una drammatica realtà: l'unica opzione possibile essendo "pace, in cambio di pace", come hanno dimostrato gli accordi di pace sottoscritti prima con l'Egitto, e poi con la Giordania. Stati che non nutrono particolari simpatie per Gerusalemme e dintorni, ma con cui si può ragionare e al limite commerciare, come dimostrano gli accordi di fornitura pluriennale da diverse diecine di milioni di dollari, sottoscritti fra Gerusalemme, da una parte; e Amman e Il Cairo, dall'altra.
Ma anche qualora si volesse assumere la decisione di cestinare gli Accordi di Oslo del 1993, e di ritirarsi anche dalla "zona C" del West Bank, di cui Israele detiene il pieno controllo - amministrativo (il che si traduce nella piena e legittima licenza di edificarvi) e militare - di quanta terra stiamo parlando? a quanto ammontano, questi mitici territori "occupati" dagli insediamenti ebraici, che a gran voce reclamano i pacifisti di tutto il mondo?
Secondo Saab Erekat, negoziatore palestinese, sulla base di una cartografia aerea le colonie nel West Bank occupano una superficie dell'1,1% del totale. Un dato sconsolante: se il 98,9% della "Cisgiordania" non è per nulla occupato da Israele, ne consegue che altri sono i motivi che impediscono il conseguimento di una pace fra palestinesi e israeliani. Tutti quelli che hanno portato all'ultimo momento i palestinesi a respingere sdegnati le diverse offerte di pace che si sono susseguite nel tempo: in uno, la possibilità di giungere, finalmente, ad una convivenza pacifica; accantonando la retorica della "occupazione", che tanto profittevole si perl è rivelata, nei decenni, per la corrotta leadership palestinese.
Se si osservasse la questione dei territori palestinesi sotto la corretta prospettiva, si eviterebbe di rimediare magre figure, frutto di disinformazione e di accettazione supina di propaganda di parte. Non sono immuni testate giornalistiche anche autorevoli. Ha fatto notizia la tiratina d'orecchi subita qualche giorno fa dal Washington Post, il quale aveva definito in una corrispondenza "territorio palestinese" una zona contesa nel West Bank. L'articolo affermava:
«Israele e Giordania hanno sottoscritto un accordo di pace nel novembre 1994, ma negli anni recenti le relazioni fra i due Stati si sono deteriorate per la continua occupazione da parte di Israele di territori palestinesi nel West Bank».
Una simile affermazione passerebbe inosservata e sarebbe digerita e metabolizzata quasi ovunque; non negli Stati Uniti, e nel mondo anglosassone, dove la missione del giornalismo viene presa con suprema serietà. CAMERA (Committee for Accuracy in Middle East Reporting in America) ha reclamato, impiegando la procedura di rettifica prevista dall'autoregolamentazione dei media in America, rilevando come il West Bank è un

«territorio disputato. Il suo stato sarà regolato da negoziati anticipati dalla Risoluzione ONU 242 del 1967 e 338 del 1973, dagli Accordi Interinali israelo-palestinesi del 1995 e dalla "road map" stilata nel 2003. I co-autori della risoluzione 242, il sottosegretario americano Eugene Rostow, l'ambasciatore USA alle Nazioni Unite Arthur Goldberg e l'ambasciatore britannico Lord Caradon, hanno chiarito a suo tempo e successivamente che tanto gli ebrei quanto gli arabi avanzano pretese sui territori, nessuna sovranità essendo riconosciuta dopo la dissoluzione dell'impero ottomano; il che renderà necessari negoziati fra le parti per fissare le rispettive rivendicazioni.
Il Post spesso si riferisce al West Bank come «territori che palestinesi rivendicano per un futuro stato». Questo è corretto. Come è vero che molti israeliani si aspettano che parte di essi siano annessi ad Israele. Da ciò discende la necessità di condurre trattative fra israeliani e palestinesi, con il segretario di Stato John Kerry che si è instancabilmente adoperato in tal senso, come il Post ha riportato. Se il West Bank fosse semplicemente una terra palestinese occupata dagli israeliani, se in particolare la sovranità territoriale appartenesse ad un altro stato e fosse stata usurpata mediante aggressione, Israele sarebbe chiamata a ritirarsi e non occorrerebbe alcun negoziato. Ma dal momento che Israele è l'autorità militarmente occupante responsabile, avendo conquistato i territori in seguito ad una guerra di difesa condotta nel 1967 e nel 1973; e che le rivendicazioni di ambo le parti restano irrisolte, il West Bank è al momento una terra rivendicata dai palestinesi per un futuro stato, e al tempo stesso una terra su cui molti israeliani avanzano legittime rivendicazioni».


Il Washington Post ha preso atto della rettifica inoltrata, pubblicando la correzione nella versione cartacea del 6 settembre, nonché nella versione online.

H/t: CAMERA.org.

1 commento:

  1. Beh almeno in questo siamo messi meglio. Un territorio occupato viene ancora definito territorio occupato.

    RispondiElimina