I giornali occidentali evitano accuraramente di pronunciare la parola "terrorismo", citandola soltanto come espressione del pensiero del primo ministro di Gerusalemme. È colpa degli ebrei, i cui corpi - collo, testa, spalla e organi vitali - si scagliano incontrollati contro coltelli, asce, giraviti e altri corpi laceranti di incolpevoli palestinesi; se si contano morti e feriti. È colpa delle strade la cui manutenzione pur spetta, secondo gli Accordi di Oslo, agli israeliani; se le pietre che su esse poggiano sono involontariamente colte da giovanotti palestinesi, specializzatisi in questa tecnica del tiro al bersaglio, che ha prodotto di recente più di una dozzina di vittime; fatalmente tutte da parte israeliana.
Non sia mai pronunciare la parola che incomincia con la lettera "T": si rischierebbe di legittimare la reazione israeliana. Dopotutto, come ha chiarito oggi il primo ministro del governo palestinese - sì, a quanto pare ne esiste uno; anzi, due - sussiste un "diritto alla difesa": esercitato prima lanciando pietre di diverse dimensioni (non i sassolini amorevolmente mostrati dalle pagine di Repubblica; quelli lo sappiamo benissimo che non farebbero male a nessuno; tranne magari ad una qualche giornalista palestinese in cerca di notorietà e celebrazione); poi dotandosi di tutto ciò che possa lacerare i corpi dei colpevoli a prescindere.
È la manifestazione piena e clamorosa della eccezione palestinese: impiegare una mano per attentare alla vita di persone innocenti, e usare l'altra per puntare il dito accusatore nei confronti di Israele, reo di «violazione dei diritti umani».
Come se in qualunque altro stato al mondo non fosse doveroso e auspicabile che lo stato reagisca alla violenza e al tentativo di sopraffazione. Come se Madrid avesse dovuto inchinarsi all'ETA, e Londra all'IRA, e Roma alle Brigate Rosse, e Berlino alla RAF.
Ma se temere di essere accoltellati mentre si aspetta il proprio treno alla fermata della metropolitana, se avere paura di essere uccisi mentre ci si reca a pregare, se si rischia di essere crivellati di colpi d'arma da fuoco mentre si viaggia in auto con la propria famiglia; se tutto ciò non è terrorismo, allora il terrorismo non esiste.
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