Non sono mancati episodi di grande umanità. Come riportava ieri La Stampa, «Altre barriere sono cadute con la neve e l’emergenza. I valichi di Gaza sono stata aperti per consentire rifornimenti. L’esercito israeliano ha portato soccorsi ovunque, senza distinzioni di etnie, fedi, fronti. Ha spalato e spinto ambulanze impantanate nella neve di Betlemme, ha portato viveri e liberato famiglie intrappolate in auto nelle città e per le strade, israeliane o palestinesi che fossero. Magari si risolvessero sempre così, le emergenze».
Lo stato ebraico è da sempre in prima linea nel fornire supporto logistico e aiuti umanitari nelle gravi emergenze indotte da calamità naturali all'estero. È successo ad Haiti nel 2010, in Turchia due anni fa, entrambi gli stati funestati da terremoti devastanti; ed è successo di recente nelle Filippine, dopo l'IDF ha prestato soccorso.
Questo mese, Madre Natura ha colpito duro in Israele e subito dopo a Gaza; e non è mancato l'intervento: sotto forma di uomini, mezzi di soccorso e potenti idrovore che hanno risucchiato l'acqua che ha inondato interi paesaggi. Un gesto encomiabile: troppo, per essere diffuso al pubblico. L'opinione internazionale avrebbe potuto mutare orientamento sullo stato ebraico, malgrado il volenteroso impegno diffamatorio di buona parte della stampa internazionale.
La mappa degli aiuti umanitari israeliani nel mondo. Fonte.
In casi come questo, meglio inventare un po' di false notizie di sana pianta; non sia mai che Israele venga dipinto sotto una buona luce. Quale migliore occasione delle inondazioni e allagamenti che hanno colpito anche la Striscia di Gaza, per gettare un po' di discredito su Gerusalemme, malgrado da quelle parti non abbiano perso tempo nel rimboccarsi le maniche, correndo in soccorso dell'enclave palestinese?
Accade così che un sito arabo abbia lanciato l'infamante accusa: Israele avrebbe aperto la diga di Wadi Sofa, al confine con la zona meridionale della Striscia, allagando diecine di case, e lasciando senzatetto centinaia di persone. Quale migliore e più autorevole conferma di quella del sindaco di Rafah, che accusa senza mezzi termini il governo di Gerusalemme?
Le foto non lasciano molto spazio all'immaginazione, e un consolidato meccanismo mentale induce il sollevamento del ditino accusatore nei confronti di Israele; senza verificare la veridicità dell'accusa.
Certo sarebbe ripugnante. Naturalmente il lancio è stato ripreso da diversi siti internazionali, che hanno diffuso viralmente la "notizia", senza alcuna riserva. Neanche il privilegio delle virgolette, sempre previsto quando l'opera di denigrazione colpisce incidentalmente i palestinesi, è stato concesso.
Peccato che non esista alcuna diga ad est di Rafah. E nemmeno nelle sue vicinanze. Addirittura Haaretz, il quotidiano arabo in lingua inglese redatto in Israele, si prende la briga di raccogliere la testimonianza del sindaco della località che ospita una cisterna alta un metro nel Negev meridionale; il quale ricorda che la diga non può essere ne' aperta ne' chiusa. E ammesso che lo potesse essere, non ha una capienza sufficiente ad allagare una comunità. Haaretz non è il quotidiano più obiettivo nei confronti dello stato ebraico, per usare un eufemismo; ma se ne prende le difese, qualcosa di vero ci dovrà pure essere, no?
Tanto più che la diga in questione, l'unica le cui acque in deflusso possano essere in grado teoricamente di raggiungere Gaza, si collochi ad una distanza abissale dalla località di cui si lamenta e denuncia l'allagamento. Piogge sì; ma non certo Diluvio Universale.
Ma che importa? tanto nessuno andrà a verificare la notizia, per una consistente fetta di opinione pubblica la denuncia se non sarà vera, risulterà verosimile; e, dopotutto, l'insegnamento di Goebbels («Calunniate, calunniate: qualcosa resterà!») è sempre attuale e vivo tra di noi.
H/t: Israellycool.
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