lunedì 19 maggio 2014

Che brutta giornata, per i palestinisti...

È un brutto momento per i "palestinisti"; insomma, non per i palestinesi in quanto tali, che non da oggi devono subire un regime intento più ad autoperpetrarsi e a tendere ad Occidente il braccio con il palmo della mano rivolto verso l'alto, che non a impiegare l'oceano di liquidità su cui galleggiano per risolvere i problemi della popolzione; ma per tutti quelli che ammiccano, adulano e sponsorizzano questo mondo. Ilblogdibarbara ha proposto un interessante testo, che documenta le conseguenze nefaste e le distorsioni al sistema provocati degli "aiuti finanziari" alle popolazioni dell'Africa. Non si fa fatica a credere che l'approccio paternalistico adottato dal Dopoguerra ad oggi nei confronti della questione dei "profughi" palestinesi - nel frattempo moltiplicatisi dai 500 mila originari ai 5-6 milioni di oggi - abbia esacerbato la questione, anziché risolverla. Ma stiamo sul leggero...
A sorpresa, ieri il Maccabi Tel Aviv ha trionfato a Milano nella gara finale dell'Eurolega di Basket: una specie di "Champion's League" della palla a spicchi. Battuto in finale l'arrogante Real Madrid del borioso Florentino Perez. Coinvolgenti quanto misurati i festeggiamenti in Piazza Duomo e nelle vie limitrofe; fino a quando un gruppetto sparuto di provocatori ha tentato di stuzzicare una reazione violenta dei sostenitori del Maccabi. Ma il servizio d'ordine della tifoseria ha immediatamente allontanato i palestinisti, e il tutto si è risolto pacificamente. Un esempio per i facinorosi di casa nostra: specie quando i tifosi israeliani hanno intonato in coro l'HaTikvah (speranza), inno nazionale israeliano. Dalle nostre parti non manca chi fischia l'Inno di Mameli, o fa un uso improprio della bandiera, figurarsi...



Ma le "brutte notizie" non finiscono qui. Anzi: questa mattina l'emittente televisiva Channel 10 ha riportato i risultati sorprendenti di un sondaggio condotto dall'Università di Haifa fra gli arabi israeliani, che costituiscono quasi il 20% della popolazione dello stato ebraico. Sondaggio dal quale risulta che negli ultimi dodici mesi c'è stato un netto incremento dell'accettazione della natura ebraica dello stato (dal 47.4 al 52.8%), e dell'opportunità di mantenere una maggioranza demografica ebraica (dal 29.6 al 43.1%). Un duro colpo per la retorica anti-israeliana, rafforzatasi con il ventilato imminente accordo fra le fazioni di Al Fatah e Hamas; che nelle intenzioni dei propositori dovrebbe cementare il consenso palestinese attorno alle discusse figure dei due leader. Al contrario, cresce la percentuale di chi si dichiara "arabo israeliano", senza alcun riferimento ad identità palestinese. Quasi 2 arabi israeliani su 3 indica nello stato ebraico un buon posto dove vivere: se Abu Mazen dichiara che il futuro stato di Palestina sarà judenfree; gli arabi di Israele rispondono con una sonora pernacchia, e manifestano tutta l'intenzione di non rinunciare alla loro nazionalità.

E non finisce qui: perché si apprende - finalmente - la volontà da parte delle Nazioni Unite di rivedere la condizione di rifugiato peculiare dei palestinesi. Unico caso al mondo in cui lo status di profugo si dichiara sulla parola, e si trasmette per via ereditaria, perpetrandosi all'infinito. Difficile smentire chi argomenta che la questione dei profughi è mantenuta artificiosamente in piedi da decenni soltanto per finanziare l'enorme carrozzone dell'UNRWA e di tutte le organizzazioni governative e non governative a supporto.
Sta di fatto che questa sera le Nazioni Unite si riuniranno per discutere la faccenda. Al centro delle riflessioni, le modalità di acquisizione della condizione di rifugiato e la missione dell'UNRWA, per la quale si va profilando una riduzione del faraonico budget. Ma la critica principale riguarda il differente trattamento riservato ai rifugiati: mentre le altre organizzazioni si preoccuano di reinserire l'individuo, garantendogli una cittadinanza, un lavoro, una dignità; l'UNRWA si dedica alla prevenzione della sistemazione definitiva dei palestinesi; di cui - si argomenta - non esita a gonfiare il numero per godere di sempre maggiori mezzi finanziari. Condivisibili le argomentazioni proposte: «non c'è alcuna ragione per considerare un discendente di quinta generazione, abitante a Gaza; un destinatario delle attenzioni finanziarie dei paesi occidentali, in quanto rifugiato palestinese»; e inoltre: «se i mezzi finanziari smisurati forniti fossero stati trasferiti direttamente ai profughi palestinesi, il loro problema sarebbe stato da tempo risolto».

1 commento:

  1. Si sa nulla di come sia andata la dicussione sui finanziamenti all'UNRWA?

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