Schizofrenia e alti e bassi non sono venuti meno di recente. Nelle ultime ore sono sopraggiunte due notizie fra esse contrastanti. Una testata giornalistica rivela come lo scorso 12 aprile Maher Abu Tair, autorevole editorialista del quotidiano giordano Al-Dustour, abbia stigmatizzato l'atteggiamento gelido da parte degli stati arabi nei confronti del regno hashemita. Al punto da spingere la Giordania nelle braccia di Israele: «la pura verità è che la Giordania non vanta più alcun alleato arabo, e al giorno d'oggi l'unico partner è Israele. Se gli arabi avessero voluto una Giordania forte, autonoma rispetto ad Israele, non l'avrebbero economicamente abbandonato, assediandolo politicamente al punto che la sua politica estera è diventata evanescente.
Le nostre relazioni con i vicini stati arabi e islamici sono sempre state basate su elementi cangianti, mentre quelle con Israele si basano su elementi stabili. Le relazioni con Israele sono a lunga durata, e in questo momento assumono una nuova fisionomia, più amichevole, basate sulla collaborazione nell'economia, nell'agricoltura, e nel coordinamento a tutti i livelli». Chi legge in queste note non soltanto la prospettiva di importare dallo stato ebraico il gas naturale copiosamente disponibile al largo delle coste israeliane; ma anche quella di contare su un roccioso baluardo contro le minacce dell'ISIS e del fondamentalismo islamico, non è probabilmente nel torto».
Ma queste considerazioni non devono indurre ad abbassare la guardia, e ad anticipare un futuro radioso, fatto di relazioni stabili se non cordiali. Chi pensa che l'antico disegno di Shimon Peres, che immaginava una confederazione che unisse Israele, Giordania e futuro stato palestinese, sia dietro l'angolo; resterà presto deluso. La Giordania ha presentato una bozza di risoluzione alle Nazioni Unite, che assegnerà all'UNESCO il potere di condannare e contenere le attività israeliane nel circondario del Monte del Tempio di Gerusalemme. Una mutilazione a tutti gli effetti della sovranità di Gerusalemme, disciplinata oltretutto dello stesso Trattato di Pace del 1994, che rischia concretamente di esacerbare gli animi già tesi.
Secondo questa risoluzione, destinata molto probabilmente a passare, il governo israeliano non potrà può condurre alcuno scavo o attività archeologica nella Città Vecchia, ne' sarà consentito a popolazione ebraica di visitare i luoghi sacri dell'Ebraismo. Una decisione, basata su premesse false o pretestuose, che recherà il crisma dell'ufficialità solenne dell'ONU; che indigna, e che riporta le lancette della storia ai tempi dell'occupazione giordana dei quartieri orientali di Gerusalemme, trasformati per 19 anni fino al 1967 in un orinatoio, inaccessibile a chi fosse "infedele".
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