L'amministrazione USA tranquillizza sbrigativamente gli israeliani: l'accordo sottoscritto con l'Iran non costituirà il prologo di un Olocausto nucleare. Facile a dirsi, con l'ayatollah Khamenei che un giorno sì e l'altro pure si affanna a caldeggiare la rimozione dello stato ebraico dalla mappa geografica; e nel momento in cui un alto esponente del Pentagono precisa che è virtualmente impossibile assicurare che Gerusalemme non sia bersaglio di attacco atomico: a meno che si schierino sul territorio diecine di migliaia di soldati americani.
La triste verità è che la presidenza Obama si è schierata a favore del mondo arabo: un po' confusamente, avendo prima sostenuto la confessione sunnita (Fratelli Musulmani; ma ci si è messo di mezzo il generale al-Sisi), e ora quella sciita. Ma i palestinesi devono essergli rimasti nel cuore, se è vero che il presidente americano - la cui boria arriva al punto di pronosticare un nuovo successo nelle urne, qualora si presentasse clamorosamente per un terzo mandato - sacrifica i suoi stessi concittadini.
La prossima settimana un tribunale americano è chiamato ad esprimersi in una causa civile che vede sul banco degli imputati pezzi grossi del calibro dell'Autorità Nazionale Palestinese (ANP) e dell'OLP. La causa è stata intentata da un gruppo di familiari di oltre trenta vittime americane di attentati da parte dei terroristi palestinesi, a Gerusalemme e dintorni. I fatti si sono svolti a metà dello scorso decennio: siamo ai tempi della Seconda Intifada.
La richiesta di risarcimenti ammontava inizialmente a 218.5 milioni di dollari, ma essendo passati diversi anni da quando i sanguinosi fatti si sono svolti, l'indennizzo è cresciuto oggi a oltre un miliardo: 1/3 del bilancio dell'ANP. I palestinesi hanno tentato ripetutamente di discutere la giurisdizione americana, senza successo; ora basano la loro difesa sull'argomentazione secondo cui non possono essere giudicati responsabili dell'operato dei singoli. Come se ANP e OLP non dichiarino negli stessi statuti l'intento ostile nei confronti degli israeliani; come se non fosse vero che il governo di Abu Mazen premia il terrorismo con sovvenzioni a favore dei "resistenti" e delle rispettive famiglie, celebrando le scie di sangue con il pubblico encomio sulle targhe delle piazze e sui programmi televisivi.
Ma cosa c'entra Obama in tutto questo? è presto detto: il dipartimento di Giustizia ha chiarito che nella causa che vede opposte i familiari americani delle vittime del terrorismo alle istituzioni palestinesi, gli Stati Uniti appoggeranno queste ultime. Come riporta Fox News, l'amministrazione Obama ha dichiarato che compilerà uno "statemente of interest"; una specie di dichiarazione di sostegno per la parte convenuta nel processo, il cui primo risultato è quello di rimandare il pagamento dell'indennizzo ad un successivo grado di giudizio. All'atto pratico, in questo modo l'amministrazione Obama non nega il terrorismo palestinese; ma si assume la responsabilità politica di alleviarne la condanna, rimandando il pagamento degli indennizzi a favore delle famiglie delle vittime di quel terrorismo.
Un comportamento aberrante, ma coerente, trattandosi della stessa amministrazione che ha impiegato tutto il suo capitale politico per raggiungere un accordo con gli ayatollah; e che parteggia apertamento per il governo turco, che usa il pretesto della lotto all'ISIS per bombardare indiscriminatamente il popolo curdo.
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