martedì 11 marzo 2014

È un momentaccio per gli odiatori di Israele

È un momentaccio per gli odiatori di Israele. Non possono accusare lo stato ebraico di torcere un capello ai palestinesi, senza che sia rinfacciato loro l'agghiacciante silenzio di fronte alle 140.000 vittime della guerra civile in Siria; fra cui si stima non meno di 1.600 palestinesi (un'ecatombe, al confronto del centinaio di palestinesi rimasti vittima dell'Operazione Pillar of Defense di fine 2012).
Non possono recitare la vecchia storia dell'"occupazione" israeliana del West Bank, peraltro in alcune aree popolato densamente da ebrei, e oltretutto assegnato al controllo israeliano dagli Accordi di Oslo del 1993; ora che dagli stessi ambienti si legittima una effettiva occupazione militare di una porzione di stato straniero da parte della Russia.
Si rischia di fare brutte figure denunciando un improbabile apartheid in Israele, ora che è definitivamente perso l'appoggio alla "causa palestinese" da parte di rockstar e divi del cinema che - si sa - fanno molta più tendenza di quanto lo possa fare uno sfigato blog come questo. Ma gli odiatori professionali a tempo pieno non si rassegnano: nonostante stiano perdendo rilevanti fonti di informazione, come la famosa Infopal, che curiosamente ha chiuso i battenti per mancanza di fondi in concomitanza con il collasso politico dei Fratelli Musulmani; la disponibilità di mezzi finanziari smisurati da parte dell'ONG multinazionali che contano permette di diffondere ancora un po' di sana diffamazione antisemita.
È il caso di Amnesty International, sempre in prima linea nel denigrare gratuitamente Gerusalemme e dintorni; si sospetta, condizionata dai generosi finanziamenti qatarioti. Per non dimenticarsi del mandato ricevuto, che non limita l'indagine ai 20 mila chilometri quadrati di Israele, di tanto in tanto "Amnesy" ficca timidamente il naso in altre vicende. Così, qualche giorno fa, ha pubblicato un documento di censura nei confronti del regime di Assad, che in Siria ha macellato diecine di civili innocenti, loro malgrado residenti nel campo profughi di Yarmouk. Palese la disparità di trattamento rispetto ai resoconti da Israele (si vede che questo tema eccita in modo particolare gli attivisti della ONG): quando i palestinesi muoiono in Siria, essi sono semplicemente numeri, statistiche, da stilare frettolosamente per dedicarsi immediatamente ad altro; quando sono vittime della inevitabile reazione israeliana agli attacchi palestinesi, hanno un nome e cognome, una storia, una immancabile mamma dolorosa e dolorante, una collezione di foto che potrebbe far schiattare di invidia i più celebrati agenti cinematografici. Insomma, sono umanizzati in modo estremo, e talvolta grottesco; ma sufficiente per orientare il giudizio del lettore, deformando la realtà a proprio piacimento e ovviamente astraendo dal contesto: si omette di rilevare che le vittime palestinesi sono da un lato oggetto di deliberato e brutale assalto; dall'altro il risultato drammatico di una inevitabile reazione che non si manifesterebbe se lo stato ebraico non fosse quotidianamente e impunemente aggredito.

Il blog Elder of Ziyon (questa sì un'ottima fonte informativa) si è cimentato in un istruttivo confronto fra gli ultimi due rapporti partoriti da Amnesty International; con riferimento all'attività israeliana nel West Bank, e ai bombardamenti degli inermi profughi palestinesi da parte dell'aviazione di Assad. Spropositata l'attenzione: malgrado le vittime riportate dalla ONG siano 22 nel primo caso e 194 nel secondo, il primo documento si sviluppa lungo 87 pagine, nelle quali sono riportate 14 foto e non meno di 18 minuziose descrizioni delle vite dei malcapitati; nel secondo caso, nessuna foto, nessuna biografia, e soltanto in una circostanza si è deprecata l'impunità degli autori. Una, contro 14 denunce analoghe contenuto nel documento redatto con riferimento ad Israele, malgrado la foliazione più ridotta. Non manca un video a supporto, mentre contributi filmati non sono disponibili per il rapporto di "condanna" delle quasi 200 vittime palestinesi della efferata repressione di Assad.
È davvero un brutto momento, per gli odiatori di Israele: rimasti in compagnia di militanti talmente parziali da essere completamente privi di credibilità. Così non si fa altro che danneggiare la "causa palestinese".

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