lunedì 21 luglio 2014

Gli otto miti giornalistici di Gaza

by Alex Safian*

Con le operazioni israeliane di terra in corso, in risposta agli incessanti attacchi di Hamas, si tende a riciclare i soliti cliché che distorcono la percezione di Gaza. Non mancano alcune novità rispetto al passato. Qui di seguito i principali mitici giornalisti, estrapolati dalla copertura passata e presente.

Mito n.1. La politica israeliana miope ha intenzionalmente incoraggiato la crescita di Hamas.
«Dopotutto, è stata lo stesso Israele che ha contribuito ad alimentare Hamas e chi l'ha preceduto negli anni Settanta ed Ottanta. Eyad El-Sarraj, famoso psichiatra a Gaza, ammonì il governatore israeliano che stava "giocando col fuoco" nell'alimentare i militanti religiosi. Secondo il libro "Hamas", di Beverley Milton-Edwards e Stephen Farrell, il governatore rispose: "Non ti preoccupare, sappiamo come gestire queste situazioni. Oggi il nostro nemico è l'OLP"» (Nicholas Kristof, New York Times, 16 luglio 2014)

Realtà. Israele non ha mai incoraggiato Hamas, o i rivali della Jihad Islamica. Israele ha sostenuto la costruzione di ospedali, moschee e scuole religiose nei territori, perché a ciò era tenuto alla luce del Regolamento dell'Aja e della Convenzione di Ginevra, che richiedono che le imposte raccolte nei territori occupati siano impiegate nello stesso territorio, e che le leggi vigenti prima dell'occupazione - incluso il finanziamento delle istituzioni religiose - siano mantenute. Fra i gruppi con cui il governatorato collaborò, c'erano all'epoca i Fratelli Musulmani. Essi, mentre rifiutavano il riconoscimento di Israele, avevano un atteggiamento palesemente non violento, ritenendo che la società islamica avrebbe dovuto rafforzarsi nel lungo periodo, prima di affrontare un conflitto con Israele.
Al contrario, la Jihad Islamica è stata violenta sin dalla fondazione, avvenuta nel 1980, sostenendo un martirio immediato allo scopo di abbattere Israele; e non ha mai mostrato alcuna volontà di costruire le istituzioni statuali. Di fatto, è nata proprio sulla scia della frustrazione per la non violenza dei Fratelli Musulmani. Il co-fondatore della Jihad Islamica, Fathi Shikaki, è stato arrestato da Israele nel 1983 e poi nel 1986, prima di essere espulso in Libano nel 1988. È questo l'atteggiamento di "sostegno israeliano" rinfacciato stupidamente da Kristof?
Quando l'Intifada ha avuto inizio, la Fratellanza Musulmana temeva di perdere influenza e popolarità a favore della Jihad Islamica, incline al terrorismo. Conseguentemente, sotto la guida di Sheikh Ahmed Yassin, i Fratelli Musulmani fondarono il 9 dicembre 1987 una filiazione chiamata Hamas, che avrebbe dovuto competere con la Jihad Islamica per distruggere Israele. Ciò vuol dire che Hamas non è esistita prima del 1988, e Israele non ha mai cooperato con essa.
Difatti, nel maggio 1989 Israele arrestò Sheikh Ahmed Yassin e lo condannò a 15 anni di reclusione per il ruolo svolto nel sequestro e nell'uccisione di due soldati israeliani.


Mito n. 2. Israele e gli Stati Uniti hanno contribuito a far scoppiare una guerra a Gaza, rifiutandosi di consentire, dopo la riconciliazione palestinese (fra le fazioni di Hamas e Al Fatah, NdT) il pagamento degli stipendi agli impiegati pubblici di Gaza:«Resta ignorata la causa più grave di questo conflitto: Israele e buona parte della comunità internazionale hanno posto una serie di ostacoli impegnativi alle modalità con cui il governo di "unità nazionale" palestinese è stato istituito ad inizio giugno. Israele ha sabotato immediatamente l'accordo di riconciliazione, impedendo ai leader di Hamas e ai residenti a Gaza di ottenere il beneficio più tangibile dell'intesa: il pagamento delle retribuzioni per 43.000 dipendenti pubblici che lavorano per il governo di Hamas» (Nathan Thrall, New York Times, July 17, 2014).

Realtà. Secondo diverse fonti, è stato il presidente dell'ANP Mahmoud Abbas ad opporsi al pagamento dei salari ai dipendenti di Hamas. Fra le altre citiamo la AP, che sostiene che «in dichiarazioni rese all'inizio di questa settimana, Abbas ha chiarito che non c'è alcuna fretta di pagare i fedelissimi di Hamas. E ha aggiunto che Hamas dovrebbe continuare a pagare gli stipendi fino a quando sarà concordata una soluzione. Ha anche criticato le proteste dei fedelissimi di Hamas sulla questione dei salari, affermando che si tratta di un "brutto segnale"» (AP, June 9, 2014).


Mito n. 3. Poiché sono morti più residenti a Gaza che israeliani, la reazione di Israele è "sproporzionata".
«Guardi, quando i militanti a Gaza sparano missili contro Israele, Israele ha tutto il diritto di rispondere; ma in modo proporzionato. Secondo le Nazioni Unite (che ricevono i dati dal ministero della sanità di Gaza, gestito da Hamas, NdT) sono stati uccisi più di 200 gazawi, tre quarti dei quali sono civili. Soltanto un israeliano al momento è rimasto ucciso (il numero degli israeliani deceduti al momento è salito a 18, NdT)» (Nicholas Kristof, New York Times, 16 luglio 2014).
«Israele sta cagionando un numero enorme e sproporzionato di vittime civili a Gaza» (Christiane Amanpour CNN, 4 gennaio 2009).
«Il colpire civili, che sia fatto da Hamas o da Israele, è potenzialmente un crimine di guerra. Ogni vita umana è preziosa. Ma i dati parlano da soli: quasi 700 palestinesi, la maggior parte dei quali civili, sono rimasti vittima da quando il conflitto è iniziato alla fine dello scorso anno. Al contrario, circa una dozzina di israeliani è rimasta uccisa, fra cui molti soldati» (Rashid Khalidi, What You Don't Know About Gaza , New York Times Op-Ed, 8 gennaio 2009).

Realtà. Anzitutto, al contrario di quanto sostiene Khalidi, tre quarti dei palestinesi uccisi all'epoca erano combattenti, e non civili; inclusi 290 militanti di Hamas specificatamente identificati.
Inoltre, è impossibile raggiungere conclusioni di equità sulla base del numero delle persone uccise. L'attacco giapponese a Pearl Harbor fece 3000 vittime fra gli americani: questo implica che Stati Uniti avrebbero dovuto cessare le ostilità quando un analogo numero di giapponesi fosse rimasto vittima? dal momento che così non fu, vuol forse dire che gli americani si comportarono in modo "sproporzionato"?, o addirittura immorale, e che i giapponesi sono una parte lesa? Naturalmente, la risposta è negativa.
Sempre a questo proposito, sul fronte di guerra orientale, oltre 2,7 milioni di giapponesi perirono, inclusi 580.000 civili, a fronte di appena 106.000 americani; la maggior parte dei quali combattenti. Questo vuol dire che il Giappone era nel giusto e che l'America era nel torto? Ancora una volta, la risposta è scontata. Vantare il maggior numero di vittime non vuol dire essere dalla parte della ragione.
La "proporzionalità", nel senso impiegato da Nicolas Kristof, e prima ancora da Christiane Amanpour e Rashid Khalidi, è un concetto insensato.


Mito n. 4. L'azione di Israele è illegale, dal momento che il diritto internazionale esige proporzionalità.
«Il diritto internazionale impone il criterio della proporzionalità, quando si scatenano conflitti fra nazioni o paesi. Non ti puoi permettere di ferire o uccidere 3000 palestinesi, quando vanti appena quattro israeliani uccisi. Questo è immorale e illegale. Non è giusto; e dovrebbe essere fermato» (Dr. Riyad Mansour, ambasciatore palestinese alle Nazioni Unite; CNN, 3 gennaio 2009).
«Salah Abdul Ati, direttore dell'Independent Commission for Human Rights, ha affermato che l'aggressione ai danni della Striscia di Gaza rappresenta un crimine di guerra, e una decisa violazione dei diritti umani, il che richiede lo stato di accusa e l'assunzione di responsabilità (Al Monitor, 11 luglio 2014).

Realtà. La " proporzionalità" nel codice di guerra, non ha alcun nesso con il numero dei caduti da ambo le parti. Piuttosto si riferisce al valore militare di un obiettivo (quanto impatto eserciterebbe la distruzione dell'obiettivo sull'esito della battaglia o della guerra), a fronte della minaccia prevedibile per le vite o per le proprietà dei civili. Se l'obiettivo vanta un elevato valore militare, esso può essere colpito anche se ciò possa comportare rischi per i civili.
Ciò che deve essere "proporzionale" (il termine non è impiegato nelle Convenzioni più citate) è il valore militare dell'obiettivo, rispetto al rischio per i civili. In particolare l'articolo 51 del 1° Protocollo della Convenzione di Ginevra del 1977 proibisce come indiscriminato «Un attacco che ci si può aspettare possa cagionare perdite di vite civili, ferite ai civili, danno ad obiettivi civili, o una combinazione dei precedenti, giudicati eccessivi in rapporto al vantaggio militare concreto e diretto che ci si possa attendere».
Da questo punto di vista, lo sforzo di Israele di distruggere i missili (di Hamas, NdT), prima che essi possano essere usati per colpire i civili israeliani, anche se ciò mette a repentaglio i civili palestinesi, sembra aderire perfettamente al diritto di guerra. Da nessuna parte è scritto che Israele debba mettere a rischio la vita dei propri cittadini, per proteggere la vita dei cittadini palestinesi.


Mito n. 5. Hamas non può fare altro che piazzare armi e combattenti nelle aree popolate, dal momento che la Striscia di Gaza è troppo affollata:
«Hamas non ha altra scelta. Gaza ha le dimensioni di Detroit. E un milione e mezzo di persone vive in uno spazio tale che per i miliziani non c'è altro posto per sparare, all'infuori delle zone abitate» (Taghreed El-Khodary, corrispondente del New York Times da Gaza in un'intervista alla CNN, 1° gennaio 2009).

Realtà. C'è un sacco di spazio disponibile a Gaza; incluse le aree dove una volta si collocavano gli insediamenti ebraici. Le argomentazioni di Hamas, fatte proprie dal corrispondente del NYT, sono sensa senso. A parte questo, disporre la popolazione civile nei pressi degli obiettivi militari fa di essa uno "scudo umano", e ciò è proibito dalla Quarta Convenzione di Ginevra:
«La presenza di persone civili non può essere impiegata per rendere certi luoghi o aree immuni da operazioni militari» (art. 28).
L'articolo 58 del Protocollo 1 della Convenzione di Ginevra del 1977, sottoscritta anche dall'autorità palestinese, esplora ulteriormente questo passaggio, imponendo ad Hamas di rimuovere la popolazione civile dalle vicinanze delle installazioni militari, che includono tutti i luoghi dove sono depositati armi, mortai, esplosivi e munizioni, nonché i luoghi dove i miliziani si addestrano, si organizzano o si nascondono. Questo è il testo specifico, che impone alle parti in lotta di:
a) impegnarsi a rimuovere la popolazione civile, i singoli individui e gli obiettivi civili sotto il loro controllo, dalla prossimità degli obiettivi militari;
b) evitare di localizzare gli obiettivi militari nei pressi delle aree densamente popolate;
c) intraprendere tutte le misure necessarie per proteggere la popolazione civile, i singoli e gli obiettivi civili sotto il loro controllo, dai pericoli derivanti da operazioni militari.
Anche l'UNRWA si è soffermata su questo tema, denunciando il 17 luglio l'esistenza di "un gruppo, o di gruppi" che hanno occultato missili in una scuola di Gaza gestita dalle Nazioni Unite.
Hamas, che di fatto amministra Gaza, è responsabile dei missili e delle altre armi nascoste in abitazioni ad uso civile e in area abitate, e ha chiaramente violato tutti i punti suesposti.

Mito n. 6. Israele è nel torto perché non combatte una guerra equa: dispone di una difesa anti-missile e di rifugi per la popolazione, al contrario dei palestinesi.
«Va continuamente peggiorando. Tenete conto che i palestinesi non dispongono di un sistema come l'Iron Dome in grado di bloccare gli strike israeliani, e per i civili non c'è la possibilità di ripararsi dagli attacchi. Non ci sono rifugi, ne' alcun posto dove nascondersi» (Ben Wedeman, corrispondente da Gaza della CNN, 11 luglio 2014).

Realtà. Perché Hamas non ha costruito rifugi anti-missile per la popolazione? chi glielo ha impedito? Hamas ha ricevuto enormi quantità di cemento (centinaia di migliaia di tonnellate, NdT), ma si è ben guardato dall'impiegarlo per usi civili, ed invece lo ha usato per costruire bunker per i gerarchi di Hamas e per i terroristi, occultando lì i missili e le postazioni di tiro.
D'altro canto, in Israele da inizio anni Novanta è obbligatorio dotare tutte le nuove abitazioni di camere rinforzate, e la costruzioni di rifugi anche rudimentali presso le comunità al confine con la Striscia ha evitato alla popolazione gli attacchi di Hamas, sebbene tutto ciò sia costato un miliardo di dollari.
È ironico che Israele sia criticato per riuscire a difendere la popolazione civile, seguendo gli standard normativi internazionali, mentre Hamas è raffigurata come vittima, perché viola quelle stesse leggi.

Mito n. 7. Gaza è una delle aree "più densamente popolate" della Terra.
«Alcuni sostengono che i massicci bombardamenti israeliani di una delle aree più densamente popolate del mondo è esso stesso un fattore che mette a rischio i civili. Sarit Michaeli della ONG israeliana B'Tselem afferma che sebbene l'impiego di civili come scudi umani violi il diritto internazionale, "ciò non assegna ad Israele il pretesto per violare il diritto umanitario"» (AP, 12 luglio 2014).

Realtà. Gaza è tutt'altro che il luogo più densamente popolato della Terra. Ci sono diversi posti - alcuni ricchi, altri poveri - che vantano una densità ben maggiore di Gaza:



Mito n. 8. Nonostante il ritiro da Gaza nel 2005, Israele di fatto occupa ancora la Striscia mediante il controllo dei confini, delle acque al largo delle coste, dello spazio aereo e dell'energia elettrica:
«...Per cui i palestinesi di Gaza sono un popolo sotto occupazione» (Seumas Milne, The Guardian, 16 luglio 2014).

Realtà. Israele controlla le aree che confinano con il proprio territorio. Alla luce degli standard del diritto internazionale, Israele non occupa Gaza. Come ha riportato sulla questione l'ambasciatore Dore Gold, «il documento di riferimento nel definire l'esistenza di un'occupazione è la Quarta Convenzione di Ginevra del 1949, che afferma testualmente che "la potenza occupante è tale per la durata dell'occupazione, fino a quando esercita le funzioni di governo nel territorio occupato". Se nessun governo israeliano esercita la sua autorità o alcuna funzione di governo, non si può parlare di occupazione».
Ma cosa succederebbe se prendessimo per fondata l'accusa del giornalista del Guardian, concordando che Israele in effetti è potenza occupante, e che pertanto detiene la sovranità su Gaza? a quel punto la normativa di riferimento sarebbe quella dell'Aja, che in un punto sostiene: «nel momento in cui l'autorità e l'esercizio del potere passano nelle mani dell'occupante, quest'ultimo deve adottare tutte le misure per ripristinare e garantire, nei limiti del possibile, l'ordine pubblico e la sicurezza, rispettando - a meno che ciò sia impedito - le leggi in vigore nello stato occupato (Articolo 43, Laws and Customs of War on Land, l'Aja IV, 18 ottobre 1907).
Da questo punto di vista l'incursione di Israele in Gaza sarebbe del tutto legale, e legittimo esercizio della responsabilità di Israele nel ripristinare e garantire l'ordine pubblico e la sicurezza. Ciò includerebbe la rimozione di Hamas, che secondo la logica del Guardian è un'autorità illegittima a Gaza. Sotto il diritto internazionale - e alla luce degli Accordi di Oslo - Hamas non ha alcun diritto nell'ammassare armi e munizioni, e nell'attaccare Israele; il quale pertanto è giustificato nell'adottare misure che portino al disarmo di Hamas, impedendo che essi terrorizzi sia la popolazione israeliana, che quella palestinese.



* Top Eight Gaza Media Myths
su Camera.org.

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