La sinistra britannica ha scelto il suo nuovo leader: è Jeremy Corbyn, l'anziano socialista specializzato in equilibrismo fra istanze pacifiste e simpatie per i terroristi di Hamas ed Hezbollah; soprattutto, il politico britannico tanto ossessionato da Israele, da farne oggetto delle sue attenzioni più delle problematiche relative al collegio di cui è espressione.
Corbyn, che ha appena conquistato la poltrona di segretario del Labor Party con quasi il 60% di preferenze della "base" (a cui evidentemente non corrisponde geometricamente alcuna altezza), ha messo sullo stesso piano gli Stati Uniti e lo Stato Islamico. E non solo:
- ha presenziato agli eventi e ha elargito donazioni all'organizzazione di Paul Eisen, noto negazionista dell'Olocausto;
- ha definito la scomparsa di Bin Laden una «tragedia»;
- ha preso pubblicamente le difese del vicario Stephen Sizer, che distribuisce materiale complottista sull'11 settembre, e che è stato diffidato dal pubblicare sui social media da parte della Chiesa Anglicana, che lo accusava di diffondere materiale antisemita;
- ha tessuto le lodi di Raed Salah, invitandolo a testimoniare alla Camera dei Comuni. Salah è convinto che gli ebrei impastino le azzime con il sangue dei gentili, che gli ebrei fossero a conoscenza dei piani per l'11 settembre, ed è stato espulso dal Regno Unito per il suo incitamento all'antisemitismo;
- ha invitato a testimoniare al parlamento britannico l'attivista Dyab Abou Jahjah, che ha definito l'11 settembre una «dolce rivincita», ha affermato che l'Europa ha fabbricato il «culto dell'Olocausto» e reso «l'adorazione degli ebrei la sua religione secondaria», definendo al contempo i gay «i diffusori dell'AIDS». È stato espulso dal Regno Unito;
- ha lavorato alla scarcerazione di Jawad Botmeh e di Samar Alami, condannati nel 1996 per l'attentato all'ambasciata israeliana a Londra;
- ha definito "Russia Today", il canale propagandistico russo di Putin, una fonte più credibile di quelle ufficiali;
- ha condotto una trasmissione su Press TV, il canale propagandistico del regime iraniano.
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