Malgrado l'aspetto bonario e la persistenza al potere da più di dieci anni, Abu Mazen - come è affettuosamente chiamato in Europa Mahmoud Abbas, il responsabile logistico e organizzativo della Strage di Monaco del 1972 - non gode di grande fama in "patria". È opinione diffusa che si guardi bene dall'indire nuove elezioni, malgrado il suo mandato presidenziale sia scaduto da più di sei anni, nel fondato timore di perderle a favore di esponenti appartenenti agli odiati nemici di Hamas, con cui peraltro condividono formalmente responsabilità governative nella Striscia di Gaza; tanto per accontentare la poco esigente "comunità internazionale" (che non può mica addossare sempre le responsabilità ad Israele, no?)
È pacifico che le rimostranze si farebbero veementi nei confronti dell'OLP, che detiene i posti chiave nell'autorità palestinese, se le manifestazioni di protesta non fossero soffocate. Di tanto in tanto trapelano arresti indiscriminati, detenzioni arbitrarie e metodi persuasivi non proprio rispondenti alle convenzioni internazionali, ai danni di chi suo malgrado è ospitato nelle carceri di Ramallah. Le autorità minimizzano, i giornali glissano, i media internazionali tacciono: «no jews, no news». Atteggiamento bieco e se vogliamo anche un po' razzista («che ci importa di questi palestinesi, se non possiamo accusare gli israeliani?»).
Middle East Eye (MEE) è un portale informativo indipendente, fondato a febbraio dello scorso anno; almeno così recita il disclaimer del sito. Ne ignoriamo i finanziatori, ma possiamo per un attimo prendere per credibile la mission; e siamo sicuri che non parteggi per gli "odiati" israeliani quando colloca la cittadina di Betlemme nel «West Bank occupato», tanto per chiarire con chi si schiera. Forse la lettura può risultare interessante.
Apprendiamo dunque che una settimana fa la polizia palestinese ha brutalizzato un gruppo di manifestanti riunitosi davanti ad un campo profughi, chiedendo rumorosamente le dimissioni di Abu Mazen e del capo della polizia. L'episodio sarebbe stato archiviato senza clamore, se non fosse stato per la presenza di un reporter di MEE, che ha filmato la scena, postandola sui social network; e scatenando l'indignazione generalizzata.
Disordini e proteste hanno dilagato, davanti alla sede di Betlemme dell'Autorità nazionale palestinese, fino a quando un funzionario dell'ANP è sceso in strada, facendo partire dalla sua rivoltella colpi all'indirizzo dei manifestanti, prima di rientrare nell'edificio, precedentemente preso di mira dalle sassate dei manifestanti (a quanto pare i gerarchetti dell'ANP non apprezzano che pietre e massi vengano scagliati nei loro confronti). Subito dopo agenti dell'ANP in borghese hanno raggiunto il funzionario e hanno arrestato parte dei manifestanti che non sono riusciti a dileguarsi.
Particolare saliente: un gruppo di funzionari ha cercato di trattenere i reporter di MEE, intimando loro di consegnare la telecamera contenente le riprese. Al loro rifiuto, hanno strappato loro le credenziali di giornalista e hanno tentato di metterli in stato di fermo. Un altro giornalista presente sulla scena ha dichiarato che la maggior parte delle riprese è stata confiscata dai poliziotti di Abu Mazen.
Di fronte all'ineluttabilità della circolazione delle immagini compromettenti, il governo di Rami Hamdallah ha preso le distanze dall'operato della polizia, stigmatizzandolo, e promettendo provvedimenti nei confronti dei poliziotti che hanno malmenato e attentato alla vita dei palestinesi. I dimostranti hanno dichiarato a MEE che la condotta spregevole delle forze di sicurezza dell'ANP è abituale, e che una debole condanna è sopravvenuta soltanto per salvare le apparenze.
Ahmad Hamamra, palestinese, mostra il braccio fratturatogli dalla polizia dell'ANP in seguito alle proteste divampate a Betlemme il 17 settembre scorso. |
giornalisti e cameramen che venduti e privi di pudore riprendete solo le patetiche messe in scena orchestrate dai poveri mentecati a Gerusalemme o in altre città israeliane, ma perchè non provate a diventare dei professionisti, andando a farvi impiccare in Iran, in Siria o in qualsiasi altro luogo dove bazzicano i vostri finanziatori? Siete la feccia del giornalismo serio e professionale, e non meritate i guanti bianchi che Israele vi ha riservato sino ad oggi.
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