Apprendiamo dalle pagine della Gazzetta del Mezzogiorno che l'Acquedotto Pugliese (AQP), società idrica partecipata al 100% dalla Regione Puglia, è in procinto di costruire un acquedotto di 7 chilometri in località Beit Ula, per «l’approvvigionamento idrico di 4.200 abitanti, attualmente sprovvisti di rete idrica». Nobile proposito, se non fosse che la cittadina in questione non si trova in Puglia ne' tantomeno in Italia; bensì in provincia di Hebron, nel West Bank, territori sottoposti all'amministrazione dell'Autorità Palestinese del corrotto Abu Mazen.
Non è ben chiaro se questo progetto sia finanziato direttamente dall'AQP, o dall'ente controllante; ne' l'entità dell'investimento previsto. Sfumature, formalismi, recriminazioni ragioneristiche, dal momento che la cassa esangue è rimpinguata in ogni caso dai contribuenti pugliesi. Ciò non ha rimosso il sorriso radioso di Nicola Costantino, amministratore unico della società idrica, volato in "Palestina", come riferisce l'estensore dell'articolo, assieme all'immancabile nutrita delegazione di politici.
Un viaggio che non ha portato fortuna; perché pochi giorni dopo Nicola Costantino è stato raggiunto da un avviso di garanzia: secondo quanto riporta Il Fatto Quotidiano, i Carabinieri hanno sequestrato i fanghi prodotti dall'AQP e venduti come concime ad una cinquantina di aziende agricole. Sfortunatamente, però, i fanghi in questione contenevano metalli pesanti come ferro, mercurio e zinco, e idrocarburi altamente tossici per la salute. L'Acquedotto Pugliese avrebbe dovuto smaltire i rifiuti nocivi, seguendo le procedure previste dalla legge. Ma ciò comporta oneri non trascurabili: una incombenza insostenbile, per una società dall'agenda politica così brillantemente impegnata: costruire acquedotti costa non poco, a duemila chilometri di distanza dalla propria sede istituzionale.
Pazienza per i pugliesi: si abbevereranno e alimenteranno con prodotti della terra inquinati, ma "aiuteranno i palestinesi".
Pazienza se i palestinesi non hanno affatto bisogno di pomposi investimenti idrici, come ampiamente documentato in questi giorni dal corposo e dettagliato dossier di NGO Monitor, di cui abbiamo dato conto.
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