Dal 2000 la spesa in R&D si attesta in Israele a non meno del 4% del prodotto interno lordo |
In termini omogenei di "parità dei poteri d'acquisto", Israele impiega in ricerca e sviluppo il 4.1% del PIL; è il secondo stato al mondo, dietro alla Corea del Sud (4.3% del PIL) e davanti a Giappone, Singapore, Finlandia, Svezia e Danimarca. L'Italia, in questo classifica cruciale per la crescita economica di lungo periodo, si attesta 28esimo posto. Come è stato ampiamente dimostrato, un impegno costante su questo fronte garantisce opportunità di impiego qualificato alla popolazione, e crescita economica e benessere generalizzati.
Questa lunga premessa per sottolineare, qualora ce ne fosse il bisogno, l'estrema importanza di rapporti di scambio culturale e accademico bilaterali; e quanto invece risultino nocive le rocambolesche iniziative di boicottaggio promosse da alcune associazioni antiisraeliane. Se ne stanno accorgendo sempre più le università, i cui vertici si dissociano sempre più risolutamente da queste iniziative scellerate: è il caso ad esempio della University College London, la seconda università britannica questa settimana a prendere le distanze dall'iniziativa ostile etichettata come "Israel Apartheid Week". L'evento avrebbe dovuto tenersi la prossima settimana, nell'ambito di una serie di eventi ostili organizzati dalla "Palestine Society"; ma il rettorato ha ieri chiarito che non sarà fornita alcuna autorizzazione. Trionfo per gli studenti, sconfitta per gli odiatori di Israele.
Il Technion di Haifa |
Il paradosso sta nel fatto che mentre giovani italiani dotati di potenzialità si negano un futuro radioso, respingendo la proposta di collaborazione con prestigiose università straniere, in nome di una ideologia becera e corrotta; le università italiane aprono le porte agli studenti provenienti dal bacino mediterraneo. Ha fatto notizia il provvedimento adottato dal consiglio di amministrazione del Politecnico di Bari, che assicura gratuità assoluta del test di ammissione e del primo anno di studi presso le facoltà di Architettura e Ingegneria. Presto ricercatori italiani disoccupati e studenti palestinesi potrebbero ritrovarsi sugli stessi banchi. E ivi rimanervi per tutto il tempo che desidereranno. Il mondo andrà avanti benissimo senza loro.
Non c'è da preoccuparsi della sorte di questi giovani aspiranti ricercatori. Ho letto le motivazioni di questa ricercatrice così cariche di luoghi comuni accettati acriticamente e così dogmatiche che mi fanno pensare che di spirito autenticamente scientifico ce ne sia poco. Conosceranno le equazioni ma non sanno cosa sia libertà di pensiero
RispondiEliminaCe ne faremo una ragione.
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