Fra Israele e Striscia di Gaza c'é una condizione di guerra cronica permanente. Ne abbiamo avuto prova lo scorso anno, con le migliaia di razzi e missili sparati dai terroristi di Hamas verso le città meridionali dello stato ebraico; al punto di indurre l'IDF ad un'operazione militare che ha ridimensionato nel breve periodo la costante minaccia dell'organizzazione terroristica che controlla l'enclave palestinese dal 2007. Nessuna meraviglia che in virtù di questo stato, il transito di persone e cose fra i due territori sia controllato e centellinato (ma ciò non impedisce che da Israele a Gaza giungano ogni settimana tonnellate di generi alimentari e beni di prima necessità).
Ciò che sorprende e rattrista, è che le restrizioni avvengano anche sul versante meridionale della Striscia di Gaza.
Non solo l'Egitto allaga il migliaio di tunnel clandestini che lo collegano la Striscia, attraverso il quale i palestinesi contrabbandano ogni tipo di bene (e pazienza se alcuni moriranno annegati, o schiacciati dal collasso delle gallerie); ma apprendiamo ora che il Cairo tiene chiuso da oltre due settimane il valico di Rafah, che dovrebbe consentire il transito fra Egitto e Striscia. E' la stessa Hamas - filiazione locale dei Fratelli Musulmani, che comandano adesso in Egitto dopo la defenestrazione di Mubarak - a denunciarlo: forse perché a ricevere il diniego di transito sono adesso gli stessi ufficiali e membri dell'organizzazione islamica che governa Gaza.
Non solo: l'Egitto ha interrotto il transito di combustibili che l'emiro del Qatar ha recentemente donato all'enclave palestinese; anche in questo caso, senza alcuna giustificazione.
Le restrizioni, a quanto pare, hanno seguito le accuse dei media egiziani nei confronti di Hamas, che avrebbe avuto un ruolo attivo nella repressione delle recenti manifestazioni di protesta al Cairo. Hamas nega ogni coinvolgimento. Ma per i palestinesi la Striscia di Gaza finisce così per diventare una "prigione a cielo aperto": per colpi dei loro stessi fratelli egiziani.
Nel frattempo si apprende che Hamas si accinge a demolire 75 case, in cui abitano altrettante famiglie palestinesi. Le ruspe saranno inviate dal "governo" di Gaza mercoledì prossimo. Inutili le accese proteste di qualche giorno fa: l'organizzazione islamica sostiene che gli alloggi sono abusivi, perché edificati su territorio pubblico. Una spiegazione che lascia l'amaro in bocca ai malcapitati: avessero costruito in Israele, sempre su terreni pubblici, o in spregio alle normative edilizie, avrebbero attratto l'attenzione di tutto il mondo a fronte di una analoga quanto legittima decisione del governo di Gerusalemme. Inutili gli appelli rivolti a tutti i livelli dai residenti di queste comunità le cui case saranno fra pochi giorni spazzate via senza complimenti.
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