Che tristezza fanno i giornalisti italiani che si occupano di Medio Oriente. Lesti a celebrare prematuramente i fasti di una
"primavera araba", salvo tacere imbarazzati ora che gli stessi arabi manifestano il loro dissenso nei confronti della nuova
leadership islamica e salafita che ha preso il posto dei dittatori nazionalisti panarabi, in una riedizione in chiave moderna
della Fattoria degli animali.
Quando poi dal Nord Africa ci si sposta propriamente verso il Mediterraneo Orientale, non può essere trattenuto il sorriso di
commiserazione. Si tengono elezioni in Israele? bene, cioé male: anziché celebrare il rinnovo periodico degli organismi
democratici, unico esempio nel Medio Oriente, si individuano gli elementi di colore, rimanendo spiazzati quando il parlamento
si sposta verso il cento anziché verso la temuta destra. Israele compie passi da gigante nell'economia - è l'unica economia
avanzata ad aver beneficiato negli ultimi cinque anni di un upgrade da parte dell'agenzia di rating Standard&Poor's - ha visto il reddito pro-capite dei cittadini (di tutti: anche quelli arabi) salire mediamente del 21.6% negli ultimi otto anni, passando da 18800 a 22900 dollari; compie progressi eccezionali nella desalinizzazione delle acque, nelle biotecnologie, nella ricerca sulle cellule staminali, nella medicina; ma in Italia i giornali si accorgono indignati soltanto della procace scollatura della signora Netanyahu, o della ragazzina prodigio che canta malgrado il parere contrario dei religiosi. Insomma, non potendo criticare il successo economico e sociale dello stato ebraico, si scende ai livelli di Cronaca Vera. E pazienza se qualche lettore si indigna e cerca di repirire altrove l'informazione.
E va pure bene, ai giornalisti italiani. Che per fortuna non si occupano di questioni palestinesi. E cosa vuoi che sia se gli italiani non sanno che decine di migliaia di palestinesi sono sotto assedio da diverse settimane, in Siria, senza possibilità di ricevere cibo o medicinali o generi di prima necessità.
Potrebbe andare peggio. A Nablus, nel West Bank, un uomo è stato condannato da un tribunale locale ad un anno di reclusione. Il reato contestato? l'aver espresso opinioni non proprio favorevoli nei confronti di Abu Mazen, il contestato leader dell'OLP e dell'autorità nazionale palestinese; apprezzato all'estero quanto è disprezzato in patria. Anas Saad Awwad, 26 anni, ha seguito la tendenza globale: chiacchierare su Facebook le debolezze del presidente, le inclinazioni a favorire gente del suo clan, il disinteresse per le condizioni di vita e per l'opposizione generalizzata della popolazione nei confronti del suo governo. In tutto il mondo, simili manifestazioni di pensiero sono ben accolte. Chi raffigura il capo del governo israeliano con tratti antisemiti, guadagna le prime pagine dei giornali europei e la simpatia dei benpensanti; chi lo fa in Cisgiordania, viene arrestato, trattenuto e in alcuni casi detenuto. I giornalisti, continuino ad occuparsi del folklore israeliano...
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