È emergenza a Gaza, dove secondo la denuncia dell'agenzia di stampa palestinese Ma'an News, l'esercito straniero sta distruggendo tunnel, radendo al suolo abitazioni, devastando il territorio per creare un "cuscino di sicurezza" che in alcuni punti raggiungerà i 500 metri di larghezza (300 metri nelle zone abitate dai palestinesi). Abbattuti gli alberi di ulivo, che secondo gli occupanti servivano per celare i terroristi, i quali continuamente assaltavano le località di frontiera. Secondo gli osservatori, si tratta della mobilitazione militare più vasta dal 1973.
Secondo Ma'an, la distruzione sistematica ed estesa dei tunnel clandestini priverà la popolazione locale di una linfa vitale. Si ritiene che oltre 800 tunnel siano stati distrutti nel corso del 2013; altri osservatori suggeriscono che l'operazione sistematica di distruzione abbia rimosso il 95% dei tunnel esistenti.
Prevedibile sgomento e rabbia della comunità internazionale, che punterà fermamente il dito contro l'esercito responsabile di questa devastazione, occupazione e assedio della Striscia di Gaza. Quello d'Egitto. I maliziosi sospettano che, non essendo coinvolto Israele, la notizia, seppur grave, passerà inosservata: «No jews, no news», argomentano.
Israele infatti si è ritirato unilateralmente dalla Striscia di Gaza nel 2005, estirpando comunità che vi risiedevano da decenni, nel tentativo rivelatosi successivamente vano se non ingenuo, di creare le condizioni per una pacifica convivenza. L'avvento al potere dei terroristi di Hamas nel 2007 ha spazzato via ogni illusione. Il timore è che altrettanto possa accadere in futuro qualora il West Bank dovesse acquisire pieno riconoscimento statuale: come occorso a Gaza, l'ANP sarebbe immediatamente spazzata via dagli estremisti (più estremisti, del Fatah) islamici, che non esiterebbero un istante a bombardare Tel Aviv. Stupisce che un alto esponente della politica comunitaria europea come Martin Schulz, presidente del parlamento, abbia sostenuto candidamente che lo stato ebraico occupi la Striscia. Ciò quanto meno spiega quanto lontane dalla comprensione della questione arabo-israeliana siano le istituzioni europee.
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