domenica 16 febbraio 2014

Terroristi per "necessità"

Rende bene, il mestiere di terrorista. Specie se ci si appiccica l'etichetta di "palestinese", che viene inteso dall'ingenuo e credulone occidentale come vittima, oppresso, infelice. E - si sa - ostendando noi un passato colonialista da cui giustamente vogliamo affrancarci, non c'è niente di meglio che parteggiare ciecamente per chi una versione moderna di imperialismo starebbe subendo. Come abbiamo rilevato in passato, dal 2004 in poi l'Unione Europea ha versato almeno 5 miliardi di dollari nelle casse dell'Autorità Nazionale Palestinese - 2 miliardi soltanto dal 2008 al 2012, in piena austerità da crisi economica; senza contare il fiume di denaro che governi e privati hanno devoluto ad ONG che dietro il vessillo arcobaleno della pace, celano iniziative di sostegno alle attività terroristiche. Una buona parte di questo fiume di denaro finisce direttamente nelle tasche di Abu Mazen e famiglia; ma non manca il sostegno ai terroristi ospiti delle galere israeliane, ai quali viene corrisposto un assegno - intascato dalle rispettive famiglie - pari al salario medio dei lavoratori palestinesi. Il bonus ovviamente aumenta a seconda della crudeltà del delitto commesso: Abdullah Barghouti, condannato a 67 ergastoli per l'uccisione di altrettanti israeliani, beneficia di un sussidio mensile di 1500 dollari: una sommetta niente male, in un'area dove il reddito mensile medio non supera i 600 dollari.
Si capisce bene che in un'area martoriata da corruzione e malaffare, se non si fa parte del clan degli Abu Mazen e della casta dei funzionari e portaborse dell'ANP, l'unico modo per portare a casa la pagnotta, consiste nell'iscriversi nelle lunghe liste di volenterosi carnefici; e poco conta che l'attentato sia consumato, o meno.
Il Welfare State palestinese è dunque particolarmente generoso con chi è disponibile a compiere attività criminali. Hosni Najjar, già arrestato e poi rilasciato, è stato colto di sorpresa dalle forze di sicurezza israeliane mentre preparava un nuovo attentato. Nell'interrogatorio, ha dichiarato che l'ANP gli ha versato un assegno di soli 45 mila shekel; pari a 12.500 dollari (20 volte la retribuzione media mensile). Ma, gli ha spiegato qualche solerte burocrate di Ramallah, in caso di reiterazione del tentato crimine, il bonus da corrispondersi sarebbe triplicato a 135.000 shekel: e questo, ammette Najjar, gli avrebbe consentito di ripagare qualche debituccio contratto in passato (cosa avrà mai comprato questo aspirante terrorista con tutto quel denaro in passato è un mistero; in un territorio dipinto dalla propaganda come misero e privo anche di generi di prima necessità).
Hosni Najjar è stato molto minuzioso nel descrivere alle forze dell'ordine di Gerusalemme lo "stato sociale" palestinese: le leggi locali prevedono un salario di 4.000 shekel al mese per chi si macchia di un reato che comporta una pena detentiva superiore ai 5 anni; salario che viene corrisposto per tre anni dopo il compimento della pena detentiva. Poiché il precedente attentato è stato sventato, lo sfortunato attentatore ha dovuto reiterare il reato, per beneficiare del generoso contributo dell'ANP.
Si ritiene che il 5% del bilancio dell'amministrazione palestinese sia destinato a sostenere i terroristi e le rispettive famiglie durante e dopo la detenzione. Non molto, in termini percentuali (ma pur sempre 100 milioni di dollari nel solo 2013, stando alla testimonianza resa d Palestinian Media Watch al parlamento britannico). Il che la dice lunga da un lato sulle enormi somme a disposizione dei palestinesi - mentre i greci fanno letteralmente la fame per stringere la cinghia e rimettere a posto i conti pubblici. Chissà quanta austerità sarebbe stata risparmiata agli europei negli ultimi cinque anni... - dall'altro lato sul sistema di incentivi al terrorismo che fa sfuggira una amara risata a chi sente parlare di tentativi di conseguire una pace fra israeliani e gli stessi palestinesi. A proposito: ora che Abu Mazen sta rispedendo ai mittenti le proposte di pace, dopo i tentativi altrettanto infruttuosi del 1967, del 2000 e del 2007; che ne sarà del centinaio abbondante di terroristi scarcerati a più riprese dallo stato ebraico come concreto gesto di buona volontà? ritorneranno a Gerusalemme? Forse è meglio di no: ne andrebbe delle finanze palestinesi. Che noi europei copriamo di tasca nostra.

1 commento:

  1. Si vede che sono comode e confortevoli, le prigioni israeliane.
    Se fossi in loro, li farei stare a pane e acqua in questi cinque anni. Altro che televisione in cella, altro che possibilità di leggere giornali e riviste. Altro che programmi di recupero. Altro che visite dei parenti, degli avvocati, della stampa.
    In cella di rigore, al buio, per cinque anni. E poi vediamo se gli passa la voglia di uccidere gente innocente.

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