Immediata la rappresaglia di Fatah, il partito di Abu Mazen: che ha denunciato Rashid per appropriazione indebita, ispirando una condanna a 15 anni di reclusione; accusando il malcapitato - un curdo iraqeno - di tradimento, e intimando al canale televisivo saudita di non diffondere interviste in cui egli possa nuocere (ulteriormente) alla disastrata reputazione del clan di Abu Mazen. Un quotidiano kuwaitiano sostiene che l'Autorità Palestinese avrebbe fornito istruzioni ai servizi segreti locali di dare la caccia a Muhammad Rashid, ritenuto residente in Europa.
L'America di Obama versa milioni di dollari ad un regime corrotto e disinteressato (per le sorti del suo popolo) come quello di Abu Mazen; ma l'irritazione monta quando si rileva che l'Europa non è da meno. Qualche mese fa la Corte dei Conti europea ha denunciato lo scandalo dei fondi versati ad Abu Mazen, e precipitati in un abisso di sperperi, malversazioni e appropriazioni indebite: due miliardi di euro, corrisposti fra il 2008 e il 2012, hanno subito questa fine. Mentre gli stati europei conoscevano una drammatica recessione, e chiamavano la popolazione a dolorosi sacrifici fatti di maggiore imposte e minore spesa sociale; l'Europa staccava un assegno a nove zeri a favore di un regime che ha ringriaziato calorosamente, dopo aver intascato l'assegno.
Ma l'Europa sa distinguersi per coerenza. Ciò che conta è l'economia: pazienza se per questo fine bisognerà piegarsi ad ideali meno nobili. Così, mentre gli Stati Uniti tradiscono vecchi e leali alleati della regione - dall'Egitto ad Israele; dalla Giordania all'Arabia Saudita - stringendo rapporti con la Siria di Assad, con l'Iran di Rohani, senza disdegnare di inviare aiuti e di erogare appoggi ai fratelli musulmani e alla filiazione di Hamas a Gaza; la Francia mette la freccia e soprassa Washington: provocandone la comprensibile irritazione.
Ieri Kerry ha messo in guardia la diplomazia di Parigi, rea di aver organizzato una spedizione a Teheran, composta da oltre cento aziende transalpine, desiderose di stringere affari con gli ayatollah. Dietro le argomentazioni di facciata, è evidente la frustrazione del segretario di Stato USA per essere stato uccellato nel suo sport preferito: fare affari con il nemico, senza porsi problemi di moralità. In questi i francesi sono stati più cinici; e rapidi.
Ma per fortuna non tutto il mondo è così cinico e materialista. Un messaggio di speranza giunge da Israele, e per la precisione da Maale Adumim, dove ha sede una delle fabriche di Sodastream, la ormai arcinota società che produce le macchinette per la produzione domestica di bevande gassate. Un'azienda impegnata da anni nel gettare un ponte fra israeliani e palestinesi: a partire dallo stabilimento nella periferia di Gerusalemme, dove lavorano 1.300 persone; fra cui 500 palestinesi, che beneficiano della stessa retribuzione dei colleghi ebrei, godono degli stessi diritti e accedono anche una moschea costruita appositamente all'interno dell'impianto. Cinquecento famiglie gettate sul lastrico, se fosse accolto il proposito delle organizzazioni antiisraeliane di boicottare la società fino al punto di decretarne la chiusura.
Inutile dire che i palestinesi sarebbero ben lieti di avere cento Sodastream nei territori sotto la loro giurisdizione: percepirebbero tre-quattro volte la misera paga ottenuta nel West Bank, guadagnerebbero autonomia finanziaria, e non sarebbero costretti ad ostentare il piattino per ottenere le briciole della massa di denaro che la banda di Abu Mazen accumula quotidianamente. «We love Sodastream; we need Sodastream», escamano i palestinesi, che ogni giorno lavorano fianco a fianco e in armonia con gli ebrei. Forse è proprio per questo che i movimenti "BDS" scalpitano per infrangere il successo e la popolarità di Sodastream: avvicina il momento in cui il regime corrotto palestinese sarà finalmente defenestrato. Malgrado il maldestro tentativo di Kerry (ancora lui...) di convincere il governo di Gerusalemme che la mancata genuflessione davanti alle impossibili pretese di Ramallah consentirà al movimento "BDS" di rovesciare lo stato ebraico. Provaci ancora, John. Ma non dimenticare, come fu suggerito 22 anni fa al predecessore del tuo presidente, che è l'economia, ciò che conta.
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