domenica 8 aprile 2012

Bersagliati, boicottati, eppure felici

La Columbia University ha appena realizzato, per conto delle Nazioni Unite, uno studio dettagliato che ambisce a misurare il livello di felicità delle nazioni, in una scala che consente comparazioni internazionali e nel tempo. Sono esercizi accademici che, per quanto dettagliati, lasciano il tempo che trovano, al pari di analoghi esperimenti condotti a livello nazionale: per alcuni, la disponibilità di pizzerie nel raggio di cento metri procura maggiore felicità della diffusione di consultori familiari.
Sono statistiche da prendere sempre con le molle, ma che alla fine scatenano un sano dibattito e un bonario campanilismo:



Naturalmente, fra le nazioni più felici spiccano gli stati nordici (Finlandia, Norvegia, Svizzera, Svezia), caratterizzati da un reddito pro-capite fra i più elevati della Terra; o stati talmente piccoli (Danimarca, Olanda) da promuovere politiche sociali difficilmente replicabili su larga scala; o ancora stati ricchi di commodity (Canada, Australia, Nuova Zelanda) e pertanto di flussi di capitali internazionali che sovvenzionano facilmente lo stato sociale.
In questo contesto in cui tutto è comprensibile, spicca la posizione solitaria di Israele, 14esimo nella classifica degli stati più felici. Malgrado sia circondato da stati ostili, nonostante le minacce esterne si facciano sempre più insistenti, pur dedicando diversi anni della propria vita alla difesa dei confini e alla frequentazione di rifugi anti-missile; la popolazione del piccolo stato ebraico si rivela più felice e più attaccata alla vita di stati che di certo non hanno problemi con i vicini, con i quali al contrario pongono in essere scambi culturali e commerciali. Forse è per questo che lo stato di Israele, a 64 anni dalla fondazione, suscita ancora l'aperta ostilità di buona parte del mondo arabo: rappresenta un pessimo esempio per chi ogni giorno propina il culto dell'oscurità e della morte.

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