Al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite Ron Prosor ha deliziato la platea smontando minuziosamente alcuni miti sul conflitto israelo-palestinese, che ancora oggi sopravvivono fra una parte della popolazione. Il sito web Arutz Sheva ha riportato questa discussione in sede ONU a beneficio dei lettori. Quello che segue è un estratto, opportunamente tradotto in italiano.
1) «Il conflitto israelo-palestinese è centrale nel Medio Oriente: risolvi questo, e risolverai tutti gli altri conflitti in quest'area». La verità che le guerre in Siria, nello Yemen, in Bahrain e in moltri altri stati del Medio Oriente non hanno assolutamente nulla a che fare con Israele. "E' ovvio che risolvere il conflitto fra israeliani e palestinesi non farà cessare la persecuzione delle minoranze nel mondo arabo, così come la sottomissione delle donne, o le divisioni settarie", argomenta l'ambasciatore Prosor.
2) «A Gaza c'é una crisi umanitaria». Anche il vice presidente della Croce Rossa Internazionale ha riconosciuto che non vi è alcuna crisi umanitaria nella Striscia di Gaza, dove il PIL è cresciuto del 25% nei primi tre trimestri dello scorso anno. Inoltre, non vi è alcuna merce che non possa entrare a Gaza, eccezion fatta per armi e muniazioni.
3) «Gli insediamenti sono l'ostacolo principale alla pace». Prosor è disponibile a far risparmiare tempo al Consiglio ONU per i Diritti Umani, che ha promosso una indagine sugli insediamenti ebraici nel West Bank: "quando Egitto e Giordania controllavano la Guidea e la Samaria e Gaza, fra il 1948 e il 1967, il mondo arabo non fece nulla, non sollevò un dito, e si guardò bene dall'invocare la creazione di uno stato palestinese. E pretendeva l'annichilimento dello stato israeliano quando non esisteva alcun insediamento nel West Bank o a Gaza".
4) L'ostacolo principale alla pace non sono gli insediamenti ebraici, ma la pretesa araba al ritorno dei discendenti degli arabi che furono convinti a lasciare Israele nel 1948 quando gli stati arabi confinanti scatenarono una guerra contro il neonato stato, perdendola; o il rifiuto dei palestinesi di riconoscere Israele come patria degli ebrei.
5) «Israele sta giudeizzando Gerusalemme». E' una accusa che giunge con 3000 anni di ritardo. E' come accusare la NBA di americanizzare la pallacanestro. Oltretutto, la percentuale di arabi che abitano nella capitale israeliana è cresciuta dal 26% del 1967 al 35% odierno. Altro che "pulizia etnica"!
6) Un mito di cui si parla ben poco, in tutti questi 64 anni di storia moderna dello stato di Israele, riguarda la storia mai discussa degli 850 mila ebrei che furono emarginati, ostracizzati, privati di diritti e alla fine brutalmente espulsi dagli stati arabi in cui nacquero e vissero. Ci sono comunità che vivevano lì da 2500 anni, attive e ben integrate, spazzate via in breve tempo. Le pagine che le Nazioni Unite hanno scritto sui rifugiati palestinesi potrebbero riempire uno stadio di calcio, ma non una sola pagina è stata scritta sui rifugiati ebrei.
7) Il mito più rilevante è quello secondo cui la pace fra israeliani e palestinesi possa essere raggiunta non mediante discussioni bilaterali, ma mediante azioni unilaterali. La storia insegna che pace e negoziati sono imprescindibili: "i palestinesi continuano ad accampare scuse, ponendo pre-condizioni prima di sedersi ad un tavolo assieme ai ministri israeliani. Li si vede dappertutto, tranne che attorno ad un tavolo".
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