mercoledì 30 ottobre 2013

È sempre il solito Israele che disturba i vicini

In Siria è ripreso il massacro degli oppositori, con la lista di vittime della repressione di Assad che torni ad allungarsi; in Libia è il caos. In Libano Hezbollah condiziona sempre più sensibilmente il governo, con le forze democratiche capitolate di fronte all'intransigenza degli estremisti sciiti di Hezbollah, partner privilegiato di Damasco. In Egitto la defenestrazione di Morsi avvenuta a luglio non ha placato i Fratelli Musulmani, e scontri fra islamici e militari, e fra simpatizzanti degli uni e degli altri, si susseguono a ritmo quotidiano. L'Iran adotta un politica del doppio binario: da un lato accarezza il pelo dell'Occidente, dall'altro lavora alacremente all'obiettivo della sua bella bomba atomica islamica, e secondo un ex esponente dell'AIEA mancherebbero addirittura soltanto un paio di settimane prima che l'ordigno nucleare sia terminato. A Gaza Hamas è sempre più in crisi, travolta da un lato dal crollo delle entrate (230 milioni di dollari al mese) conseguente alla distruzione dei tunnel illegali che la collegavano all'Egitto, fatti saltare in aria o allagati con liquami fognari dall'esercito del Cairo; dall'altro messa in ombra dal successo apparente di Abu Mazen, che in queste ore sta stringendo le mani sporche di sangue di vittime innocenti dei 26 terroristi palestinesi rilasciati da Gerusalemme, come seconda lacerante "prova di buona volontà" dopo quella di agosto.

Ma la comunità internazionale ignora i 115 mila morti in Siria, trascura il caos libico, sorvola sulla guerra civile strisciante in Libano, minimizza lo sforzo atomico iraniano, e non commenta i fatti egiziani. Ben orientata da Al Jazeera, organo non ufficiale del fondamentalismo islamico di stanza nel Qatar, enfatizza, ingigantisce e depreca soltanto tutto ciò che accade in Israele. La vignetta non rende giustizia allo stato ebraico: rispetto al quale l'Egitto è grande 48 volte, l'Iran 79 volte e la Siria 9 volte. La casetta israeliana è minuta, ma ordinata e operosa. E "disturba" i vicini: per la sua tolleranza, il rispetto delle minoranze, l'inclusione di tutti nel gioco democratico, il successo economico, il crescente flusso di visitatori, la sua stessa sopravvivenza, malgrado sia privo di risorse naturali e fonti di energia (il Sinai galleggiava sul petrolio; ma in nome della pace, Gerusalemme l'ha restituito all'Egitto nel 1978 dopo averlo occupato in conseguenza della Guerra dei Sei Giorni di 11 anni prima).
È per questo che i vicini ne chiedono il ridimensionamento; se non il completo annichilimento.

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