mercoledì 14 settembre 2011

La politica dei palestinesi: dire sempre di NO


Il tribunale militare di Samaria ha inflitto ai responsabili della strage di Itamar - l'insediamento israeliano in cui sono stati brutalmente massacrati i membri della famiglia Fogel, fra cui una bambina di appena tre mesi - cinque ergastoli. Hakim Awad, il capo della banda, ha dichiarato che non è pentito di quanto fatto, che lo rifarebbe, che accetterebbe ogni punizione, pur di reagire alla "occupazione" israeliana.
La deformazione mentale e il vero e proprio lavaggio del cervello subito da questi ragazzi parla da se'. Poiché però non pochi confondono i termini, è bene chiarire che la violenza nei confronti degli israeliani nasce ben prima della cosiddetta "occupazione" del West Bank (Gaza è in mano ai palestinesi dal 2005; e si vede... Poveri loro, nelle mani di Hamas); che poi non di vera e propria occupazione si tratterebbe, dal momento che Giudea e Samaria sono storicamente territori abitati da popolazioni ebraiche, e che prima del 1967 questi territori sono stati occupati dalla Giordania, senza che mai nessuno abbia avuto qualcosa da ridire (in effetti secondo logica il disimpegno israeliano da questi territori "occupati" implicherebbe che i medesimi dovrebbero tornare alla Giordania, che li occupava fino a 44 anni fa).
In questo filmato si spiega chiaramente la politica della leadership palestinese: dire no, sempre e comunque, a qualsiasi iniziativa finalizzata alla pace. Mai la pace con gli israeliani, anche quando essi assecondano le richieste, consegnando tutto ciò che i palestinesi chiedono. Dire per una volta, e definitivamente "sì", comporterebbe il venir meno dell'obiettivo per cui l'OLP è stata creata, e lo smantellamento di una burocrazia corrotta e assetata di denaro. Meglio dire no, anche se questo comporta la rinuncia alla pace...






Molti sostengono che la presenza di Israele nel West Bank, che alcuni definiscono "occupazione", sia la causa dell'ostilità palestinese verso gli israeliani, e il motivo per cui non si raggiunga la pace. Ma è proprio vero?
Se la causa del conflitto risiede nella presenza di Israele nel West Bank, ciò porterebbe a concludere che alcun conflitto ci sia stato prima del 1967, quando Israele non occupava il West Bank. Vediamo come sono andati i fatti.
L'OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina) è stata fondata nel 1964, quando Israle non aveva alcuna presenza nel West Bank e a Gaza. Che cosa chiedevano i palestinesi? la risposta risiede nell'emblema dell'OLP: l'OLP è stata istituita per rimuovere con la forza l'intero stato di Israele dalla mappa del Medio Oriente, come è chiaramente indicato nel loro statuto. Nulla di nuovo: l'OLP è la continuazione di una lunga storia araba basata sul "NO": no all'autodeterminazione del popolo ebraico; no al riconoscimento delle radici ancestrali degli ebrei. Diamo un'occhiata alla storia...

Nel 1937 la Commissione Peel suggerì una divisione della terra in uno stato ebraico e in uno arabo. Lo stato arabo avrevve incluso il 96% dei territori che la Lega delle Nazioni aveva originariamente assegnato ad una madrepatria ebraica. Questo includeva ben più dell'attuale West Bank; tuttavia, anziché accettare come fecero gli ebrei un sentiero verso la pace, il leader palestinese Haj Amin al-Husseini disse NO, e si legò ad un partner (Hitler, NdT) i cui obiettivi erano coincidenti.
Nel 1947 le Nazioni Unite raccomandarono un piano di partizione che ancora una volta offrì agli arabi ben più che l'attuale West Bank. Gli ebrei risposero positivamente; i leader arabi ancora una volta risposero di NO, e scaterano una guerra di sterminio, che persero. Israele vinse la guerra e fondò lo stato, ma non ha mai conosciuto un giorno di pace, malgrado il fatto che i suoi vicini arabi hanno occupato l'intero West Bank. Gli arabi hanno continuato ad affermare: NO. Hanno attaccato Israele senza sosta, usando il West Bank come trampolino di lancio fino a quando Israele l'occupò nel 1967 con la guerra di autodifesa. Dopo la guerra dei sei giorni la Lega Araba respinse ogni tentativo di raggiungere la pace, preferendo la violenza al dialogo, e al summit di Khartum sentimmo echeggiare ancora una volta no! no! no!

Andiamo avanti al 1993. Israele e palestinesi firmano gli Accordi di Pace di Oslo. Forse i palestinesi una volta buona hanno risposto di sì? così sembrava. Israele disse "sì" e fornì' il controllo dei Territori ad un governo palestinese che avrebbe aiutato a costituire. Ma malgrado la firma di un solenne accordo, le fazioni palestinesi erano ostili. I cinque anni successivi videro un significativo aumento degli attentati terroristici, durante i quali centinaia di israeliani furono uccisi. Nel 1996 il leader palestinese Yasser Arafat dichiarò "lavoriamo all'eliminazione dello stato di Israele e alla creazione di uno stato interamente palestinese".
Ma Israele non rinunciò a dire di sì. Nel 2000 il PM Barak offrì ai palestinesi il 93% del West Bank: ancora una volta la risposta fu "NO", accompagnata da un aumento del terrorismo. Nel 2005 Israele si ritirò dalla Striscia di Gaza, sradicando 85 mila cittadini israeliani nella speranza di raggiungere la pace. Ma i palestinesi ancora una volta risposero di no; stavolta incrementando gli attacchi da Gaza contro la popolazione civile israeliana del 500% in un anno.
Nel 2008 ci fu l'ennesimo tentativo israeliano di rispondere di "sì". Il primo ministro Olmert accettò praticamente tutte le rivendicazioni palestinesi, incluso quasi il 100% di tutto il West Bank, con limitati scambi territoriali. I palestinesi ancora una volta risposero di no.

Quali sono le conclusioni?
1) il conflitto israelo-palestinese non è causato dalla presenza di Israele nel West Bank. La vera causa del conflitto, fino ad oggi, risiede nella tradizione storica araba di rispondere "no": no alla pace, no all'esistenza di Israele. Il "no" è coerente con con la politica, istruzione e i media palestinesi. I politici e i religiosi incessantemente caldeggiano la distruzione di Israele;
2) per decenni Israele ha risposto affermativamente alla pace, e ciò è dimostrato dalla firma degli accordi di pace con la Giordania e con l'Egitto.
In che direzione stiamo andando? come possiamo perseguire la pace? con buona volontà e con il reciproco riconoscimento del diritto all'autodeterminazione e con un reale compromesso fra entrambe le parti. Da parte sua Israele continuerà a dire "sì" ad una pace effettiva e duratura. Ma affinché ciò sia possibile i palestinesi devono scegliere fra la forza e il dialogo, e fra il no e il sì. E' il momento giusto per farlo.

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