mercoledì 7 settembre 2011

Israele poteva scegliersi meglio i suoi vicini, no?



L'ascesa dei Fratelli Musulmani in Egitto e la minaccia di rivedere il trattato di pace; la politica repressiva di Assad in Siria; i continui e quotidiani attacchi palestinesi dalla Striscia di Gaza e la retorica antisionista a Ramallah; ora Erdogan che alza i toni dopo lo smacco subito con il rapporto ONU redatto da Sir Palmer, che ha confermato la piena legittimità del blocco navale al largo di Gaza, negando che vi sia alcuna emergenza umanitaria, e sottolineando la natura tutt'altro che pacifica dei militanti della Freedom Flottilla (organizzata dall'IHH - affiliata ad Al Qaeda - e sponsorizzata proprio dalla Turchia). Non si può certo dire che sia un momento sereno per Israele, che al pari dei parenti non ha facoltà di scelta dei propri vicini.
Grottesco il comportamento di Erdogan, che sta cancellando la laicità dello stato fortemente voluta da Ataturk, ridimensionando il contro-potere dei militari e mettendo a tacere ogni opposizione, anche quella letteraria e culturale. La Turchia occupa da quasi quarant'anni metà di uno stato membro dell'Unione Europea, si vanta di trucidare centinaia di curdi mediante invasioni vere e proprie dello spazio aereo iraqeno, non ha nulla da dire a proposito del genocidio degli armeni; e si permette di dare voti al comportamento del governo israeliano, pretendendo richieste di scuse (e di cospicui indennizzi) per l'incidente provocato della Mavi Marmara.
Sullo sfondo una ONU sempre più autoreferenziale, svuotata di ogni autorevolezza, a maggioranza musulmana. Difficile fornire credibilità ad una istituzione oramai nobile decaduta, dove i dittatori di mezzo mondo sono liberi di guadagnare la ribalta globale con farneticazioni antisemite, e dove gli stati della peggiore specie siedono nelle commissioni per i diritti umani e delle donne, salvo mutilare, lapidare, torturare e segregare le medesime a casa propria.

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