mercoledì 21 settembre 2011

Palestina succursale dell'Arabia Saudita



L'atteggiamento unilaterale della dirigenza palestinese, che si accinge a chiedere all'ONU il riconoscimento di stato in spregio agli Accordi di Oslo del 1993, potrebbe danneggiare sensibilmente il tenore di vita della stessa popolazione. Malgrado il goffo tentativo di Abu Mazen (al secolo Mahmoud Abbas), evidentemente dettato più dal tentativo di autoperpetrarsi che non da una lucida valutazione della situazione, la prospettiva di uno stato palestinese è impossibilitata da diversi fattori: l'aspirante nuovo membro delle Nazioni Unite non ha confini, non ha moneta, non ha unità fra le due anime di Gaza e Cisgiordania, e non dispone nemmeno di una struttura burocratica in grado di svolgere le funzioni essenziali come la riscossione delle imposte.
La decisione di rivolgersi all'ONU per ottenere il riconoscimento di stato trova il plauso di buona parte del mondo musulmano, ma ha contrariato Stati Uniti e Unione Europea, che denunciano la natura terroristica di Hamas, pur sorvolando sull'illegittimità della leadership in Cisgiordania, dove da anni si manca di celebrare libere elezioni democratiche. L'atto unilaterale di Abu Mazen così avrà come effetto collaterale il venir meno dei vitali finanziamenti del mondo occidentale, che rischierebbero concretamente di mandare al tappeto la già agonizzante economia palestinese, basata proprio sulle prebende che giungono da Washington e da Bruxelles, che sostengono l'ANP proprio in seguito agli accordi del 1993.
Abu Mazen, che si gioca la propria sopravvivenza politica - e non solo quella - si è rivolto con malcelata ansia agli stati arabi confinanti, che invero non hanno mai avuto particolare simpatia per i palestinesi (ancora oggi ammassati in campi profughi ai confini di Israele). Il disperato appello è stato finalmente raccolto dall'Arabia Saudita, che potrebbe versare 200 milioni di dollari nelle casse palestinesi ormai prosciugate. Ciò potrebbe evitare il licenziamento in tronco dei 150 mila dipendenti pubblici che lavorano per l'Autorità Palestinese - embrione del futuro stato - ma rappresenta un contributo insufficiente a garantire la sopravvivenza della Palestina, dal momento che soltanto gli Stati Uniti versano all'ANP 500 milioni di dollari all'anno, fondi che il Congresso USA sta per tagliare a fronte dell'unilateralismo palestinese. Ciononostante, l'obolo saudita rappresenta un efficace elemento di condizionamento da parte del regno di Riyad, già in buoni rapporti con Hamas a Gaza, che cospicuamente finanzia.

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