La sede di Ramallah dell'UNRWA - l'agenzia ONU "specializzata" nel perpetrare a caro prezzo la condizione di profughi dei discendenti degli arabi che nel 1948 abbandonarono il neonato stato di Israele, convinti in ciò dai belligeranti stati arabi confinanti, che poi li hanno abbandonati al loro destino - è stata chiusa da diecine di manifestanti palestinesi. Questo non per protesta contro l'assurda politica delle Nazioni Unite, che non preme affinché gli stati ospitanti concedano la cittadinanza ai discendenti dei profughi costretti a vivere in luridi campi, senza diritti ne' prospettive di decenza; ne' perché l'UNRWA si sia macchiata di particolari crimini.
Il motivo è un altro: l'UNRWA non sostiene apertamente la decisione solitaria di Abu Mazen, che incita i detenuti palestinesi nelle carceri israeliane - fra cui pericolosi terroristi appartenenti alla Jihad Islamica - che da alcune settimane sono in sciopero della fame. Chi ricorda la triste vicenda di Gilad Shalit, il caporale israeliano rapito da palestinesi in sconfinamento e detenuto per cinque anni in un posto sconosciuto, senza possibilità di comunicare con altre persone, ne' di essere visitato dalla Croce Rossa, ne' di ricevere alcun sostegno o solidarietà dall'esterno; sorriderà, pensando al fatto che malgrado le loro nefandezze questi criminali detenuti presso le carceri israeliane, possono leggere libri e giornali, incontrarsi con le rispettive famiglie, consultarsi con avvocati, rilasciare interviste a media compiacenti, e persino ottenere pasti che sdegnatamente ora rifiutano.
L'UNRWA non si pronuncia su questa disparità di trattamento. Ma questa relativa equidistanza non basta a questo gruppetto di manifestanti, che hanno pensato bene di occupare la sede del West Bank dell'agenzia ONU. Ci farebbero un grosso favore se ne smantellassero ogni pezzo, sollecitando la liquidazione di questo cervellotico quanto inutile carrozzone.
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