mercoledì 4 settembre 2013

Perché il mondo pensa che il sangue ebraico non costi niente?

di Evelyn Gordon*

Nel visitare Israele, il ministro degli Esteri norvegese Espen Barth Eide a malincuore ha ammesso che l'impegno del Primo Ministro Benjamin Netanyahu nei negoziati di pace fra israeliani e palestinesi «risulta sempre più credibile». A riprova di ciò, ha citato il rilascio di 26 assassini palestinesi all'inizio di agosto. Ma poco dopo ha corretto il tiro: «sebbene sia un primo passo, non deve essere stato un grosso sacrificio».
Questo richiama la reazione di norvegesi e svedesi di qualche settimana fa, dopo che l'ambasciatore di Gerusalemme in Svezia ha messo sullo stesso piano i sentimenti degli israeliani al rilascio di questi criminali, e quelli eventuali che proverebbero i norvegesi qualora fosse scarcerato Anders Breivik, che nel 2011 uccise all'impazzata 69 norvegesi, in buona parte di giovane età. I giornali svedesi hanno denunciato oltraggiati il confronto, sostenendo che Breivik era un assassino di massa, mentre i palestinesi sarebbero «combattenti per la libertà». Il sentimento generale sembrava essere che gli assassini dei norvegesi meritassero una punizione, mentre quelli degli israeliani dovessero essere liberati e onorati. Sembra essere una visione del ministro Eide: rilasciare gli assassini a sangue freddo di anziani sopravvissuti all'Olocausto, o persone che semplicemente si rilassavano sulle panchine di un parco «non deve essere un grosso sacrificio»; nulla, al confronto del rilascio eventuale di Breivik.
Concordo con chi sostiene che questo doppiopesismo sia antisemita, ma non credo che gli scandinavi siano gli unici da biasimare. Se buona parte del mondo ritiene che il sangue degli israeliani ebrei sia a buon mercato, e che i loro assassini non meritino la stessa punizione di chi uccide - poniamo - un norvegese; buona parte delle colpe ricadono sui governi che si sono succeduti. Nel rilasciare detenuti palestinesi in circostanze che nessun altro governo avrebbe preso in considerazione, gli esecutivi israeliani hanno dimostrato al mondo che giudicano le vite dei loro cittadini con sufficienza. Se lo stesso governo di Israele non considera l'assassinio dei suoi cittadini un crimine che meriti l'ergastolo, perché lo dovrebbe fare qualcun altro?
E non alludo allo scambio asimmetrico dei 1027 terroristi palestinesi in cambio della liberazione del soldato Gilad Shalit, sequestrato dai palestinesi in territorio israeliano: sebbene a suo tempo mi sia fermamente opposto a questi scambi, essi non trattavano la vita degli israeliani con sufficienza. Al contrario, ciò dimostrava quanto valore Israele assegnasse ad una sola vita dei suoi figli.
Ma lo stesso non può dirsi per il rilascio di altri detenuti. Nel 2008, ad esempio, Israele ha scarcerato cinque terroristi: incluso un feroce omicida, Samir Kuntar, che fra gli altri uccise un bambino di quattro anni spiaccicandone il cranio su una pietra, servendosi del calcio della pistola. Questo servi ad ottenere in cambio le spoglie di due morti. Quale altro paese tratterebbe gli assassini dei propri figli in modo così generoso da rilasciarli in cambio di corpi privi di vita?
Nel corso degli anni Israele ha liberato migliaia di detenuti come "gesto di buona volontà" nei confronti dell'autorità palestinese; e sebbene molti non fossero assassini, essi sono stati convolti generalmente in attività terroristiche nei confronti di Israele. Altri stati liberano i terroristi soltanto dopo la formalizzazione di accordi solenni di pace; non come "gesto di buona volontà" che faciliti i negoziati. Questo ancora una volta evidenzia come i governi israeliani nel tempo non hanno considerato con gravità assoluta queste attività terroristiche nei confronti dei cittadini.
Il culmine però è stato raggiunto con la decisione del governo Netanyahu di rilasciare 104 palestinesi, quasi tutti responsabili di stragi, in quattro fasi (delle quali la prima è già stata eseguita), solamente in cambio della disponibilità palestinese a discutere con le controparti dello stato ebraico. Quale altro stato al mondo libererebbe dei criminali assassini che hanno ucciso centinaia dei suoi figli, solamente per favorire una discussione il cui unico scopo dall'altra parte è quello di ottenere terra e sovranità che pretendono di ottenere?
Possiamo stare certi che la Norvegia non rilascerà Breivik in simili circostanze. Ed ecco perché i norvegesi considerano un raffronto con i terroristi palestinesi oltraggioso: se gli israeliani davvero considerassero i crimini dei detenuti palestinesi da liberare al pari di quelli commessi da Breivik; dovrebbero concludere che Israele si dovrebbe guardare bene dall'agire in tal senso.
Ci sono diversi motivi per opporsi alla decisione di Netanyahu; ma la più pesante di tutti consiste nel fatto che ancora una volta, nel liberare dei criminali, Israele ha ammesso davanti al mondo che il sangue dei suoi cittadini è a buon mercato.

* Commentary Magazine.

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