Mentre Abu Mazen è a New York, una folla di 200 manifestanti si è riunita nei pressi del quartier generale di Al Fatah, a Ramalla, per chiederne le dimissioni. La primavera araba è deflagrata anche nei territori palestinesi e nelle principali città. E se inizialmente gli strali erano rivolti verso il primo ministro Salam Fayyad, e verso le sempre più difficile condizioni economiche; adesso le proteste, sempre più vibranti, sono rivoltenei confronti del presidente dell'ANP.
Le accuse sono vibranti: Abu Mazen è responsabile dell'arresto di simpatizzanti di Hamas a Ramallah, è reo dell'incarcerazione di oppositori al regime (elezioni qui non sono tenute da tre anni, e se ne comprende la ragione: le urne potrebbero consegnare il potere a soggetti diversi da quelli che attualmente lo detengono), e si occupa più di viaggiare e soggiornare all'estero che di pagare le retribuzioni ai dipendenti pubblici, a secco da tre mesi.
Il successore di Yasser Arafat, dedito secondo le accuse alla corruzione e all'arricchimento personale e del suo entourage, sta ripetutamente minacciando le dimissioni, nel vano tentativo di compattare i simpatizzanti e di sparigliare gli oppositori. Ma questo volta il bluff potrebbe essere "visto". Tanto più che il vicino stato israeliano, stanco dei rifiuti di sedersi al famoso tavolo delle discussioni di pace, potrebbe meditare il disimpegno militare dalle aree strategiche dei territori contesti, rendendo l'ANP vulnerabile alle minacce di gruppi islamici sempre più ostili e aggressivi nei confronti della vecchia leadership.
Fonte: Arutz Sheva.
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